Rossella Urru è libera: la cooperante italiana è stata liberata insieme ai suoi due compagni spagnoli – Ainhoa Fernandez de Ruincon e Eric Gonyalons – dopo 270 giorni di prigionia trascorsi in mano a un gruppo islamico. La notizia, trapelata ieri nel primo pomeriggio, è stata ufficialmente confermata dal ministro degli esteri Giulio Terzi che ha parlato di una «bellissima notizia» mentre dal Quirinale il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha sottolineato la «gioia e sollievo» dopo aver seguito personalmente la vicenda, mentre a Samugheo, il paese di origine della Urru in Sardegna, le campane che hanno iniziato a suonare a festa. I genitori di Rossella sono immediatamente volati a Roma, alla Farnesina, in attesa dell’arrivo della cooperante che potrebbe arrivare prestissimo.
Rossella Urru è stata liberata in una non precisata località del nord del Mali dopo essere stata rapita, insieme ai suoi due colleghi spagnoli il 23 ottobre scorso nel campo Rabouni, a Tindouf, dove c’è la più grossa comunità di saharawi, gli abitanti dell’ex Sahara spagnolo che non accettano la sovranità marocchina. Il sequestro sarebbe stato opera di un gruppo armato che, durante la notte, fece irruzione nel campo e li prelevò: un’azione che ancora oggi non trova una spiegazione, considerando che colpendo i cooperanti, i terroristi hanno arrecato un danno al popolo saharawi, manifestamente sostenuto dai movimenti islamici. È ancora presto per capire cosa sia realmente accaduto e, soprattutto, cosa realmente si nasconda dietro questo sequestro che ha portato alla ribalta internazionale il Movimento per l’unicità e la jihad nell’Africa occidentale.
Nei mesi scorsi il gruppo terroristico aveva chiesto, per la liberazione di Rossella Urru e di uno dei due cooperanti spagnoli, trenta milioni di euro; dalla trattativa restava escluso l’altro cooperante spagnolo perchè il movimento avrebbe voluto utilizzarlo come merce di scambio nei confronti del governo di Madrid, per ammorbidirne l’intransigenza. Dopo la rinuncia alla richiesta di riscatto, è seguito il silenzio che lasciava pensare a un avvio di trattativa meno “mediatica” con l’utilizzo di mediatori: potrebero essere stati i notabili arabi che, nel nord del Mali islamico, mantengono intatta la loro autorevolezza, a trattare la liberazione di Rossella e dei due cooperanti spagnoli.
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