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lunedì 30 aprile 2012

BAHRAIN POLICE ON ROOFTOP BRUTALLY BEAT DETAINED PROTESTERS



COPWATCH - Video taping of a number of detained protesters on rooftop getting a truly brutal beating by Bahrain police in a small village called Cakhurh. The protesters were on the roof and thought they were mostly out of view but someone on another highrise had a cam and i must say, this looks like they aren't showing any mercy, this is a pretty nasty beating. End of video shows one of the victims - 16 December 2011.

sabato 28 aprile 2012

AMIANTO ZONA AD ALTO RISCHIO: storie dalla EX CEMAMIT di Ferentino



L'Aiea Lazio con questo documentario ha raccolto l'allarme degli ex operai e di alcuni figli delle vittime dell'amianto della fabbrica Ex Cemamit di Ferentino in Provincia di Frosinone.
Le sconvolgenti immagini girate dentro il fabbricato, completamente abbandonato,con il tetto crollato sotto il peso della neve e contenente quantità enormi di amianto sgretolato, sono una inconfutabile testimonianza di una grave incuria da parte delle amministrazioni competenti.
Il sito della Ex Cemamit non mostra nessun segno di messa in sicurezza, dopo 28 anni anni nulla è stato fatto nonostante le decine di morti che continuano a colpire non solo gli ex operai della fabbrica ma anche i semplici cittadini che dimorano nei pressi.
La voce rotta dall'emozione dell'ex operaio Giovanni Carini e di sua figlia Francesca, la perseveranza nella lotta presso la Sezione Aiea di Ferentino di Antonio Filonardi, Franco Addesse e Quattrociocchi Elio,i ricordi commossi e la rabbia della figlia di Egidio Mariani sono solo alcune delle storie di questa strage.

mercoledì 25 aprile 2012

The Battle Of Chernobyl - La Battaglia Di Chernobyl




Il 25 aprile 1986 il reattore dell'unita' 4 doveva essere spento per la manutenzione di routine e si decise di approfittare dell'occasione per condurre un esperimento sull'impianto elettromeccanico.
Si trattava di verificare se, in caso di perdita della potenza elettrica, le turbine in fase di rallentamento potessero comunque mantenere in funzione le pompe di raffreddamento di emergenza fino all'accensione dei generatori diesel di emergenza. Esperimento gia' tentato in precedenza con risultati inconcludenti, quindi si decise di ripeterlo. 
Poiche' si ritenne che l'esperimento non coinvolgesse la parte nucleare dell'impianto, non ci fu un adeguato scambio di informazioni ne' il necessario coordinamento con il responsabile della sicurezza del reattore: conseguentemente non vennero adottate le adeguate misure di sicurezza ed il personale che condusse l'esperimento non venne messo in guardia dei problemi di sicurezza e dei rischi nucleari.

Alle 13:05 di venerdi 25 aprile inizio' la diminuzione di potenza, verso lo spegnimento dell'impianto, ed alle 14 la potenza scese a 1600 MWt (50% del massimo). Al fine di evitare uno spegnimento automatico del reattore, prima di iniziare l'esperimento venne disconnesso il sistema di raffreddamento di emergenza e quello di regolazione automatica. Il reattore rimase al 50% della potenza fino alle 23 per fornire energia alla rete.

Alle 23:10 si diminui' la potenza fino a 1000 MWt, ideale per iniziare l'esperimento in programma. Da questo momento una serie di manovre sbagliate, dovute ad incompetenza o a decisioni affrettate e rischiose, portarono rapidamente all'esplosione.

A mezzanotte di sabato 26 aprile si passo' dal sistema di controllo automatico a quello manuale e, per un errore degli operatori e una cattiva taratura degli strumenti, le barre di controllo scesero piu' del previsto e la potenza crollo' a 30 MWt, dove l'instabilita' diventa dominante (il minimo previsto dalle norme di sicurezza era di 700MWt). A questo punto si sarebbe dovuto sospendere l'esperimento e rimettere in funzione il dispositivo d'emergenza. Gli operatori, invece, confidavano di riportare la potenza a 700 MWt eliminando i regolatori automatici e passando le barre di controllo al funzionamento manuale (per evitare i sistemi automatici che l'avrebbero impedito). L'operazione riusci' solo in minima parte. Alle 1:00, rimuovendo ulteriori barre, si riusci' ad arrivare a 200 MWt, ma a che prezzo... La centrale era ormai quasi tutta sotto il controllo manuale, con molte funzioni di emergenza disinserite, con la quasi totalita' delle barre disinserite (solo 6 restavano ancora al loro posto) e con funzionamento a bassissima potenza, fuori dalle norme e fortemente instabile.
In queste condizioni un arresto di emergenza rapido avrebbe impiegato almeno 20 secondi. Cio' nonostante si decise di proseguire.

Alle 1:07 la pressione del vapore scese sotto i limiti consentiti: per evitare lo spegnimento automatico del reattore, previsto in simili condizioni, venne disinserito anche questo sistema di sicurezza. A causa dell'instabilita' in aumento vennero richiesti numerosi e continui aggiustamenti manuali da parte degli operatori. Alle 1:19, con la reattivita' che aumentava oltre i limiti, il sistema di controllo richiese lo spegnimento immediato. L'allarme venne ignorato.

Alle 01:22:30 inizio' il vero esperimento in programma: le pompe furono disalimentate e collegate alle turbine in fase di spegnimento, con una portata molto piu' bassa. L'enorme diminuzione del flusso d'acqua nel reattore causo' un rapido aumento della temperatura nel reattore, facendo evaporare grandi quantita' d'acqua.

Alle 01:23:04 l'esperimento si concluse e alle 01:23:40 un operatore aziono' il sistema di spegnimento urgente, che avrebbe richiesto 20 secondi per inserire tutte le barre; la potenza aumento' rapidamente a centinaia di volte la potenza nominale per l'effetto positivo del vuoto dovuto all'esplosione dell'acqua, ma allo stesso tempo favorito anche dalla particolare struttura delle stesse barre di controllo che avevano la punta in grafite. L'improvviso aumento di calore deformo' le barre di controllo impedendone il corretto inserimento, ruppe e fuse gli elementi di combustibile e la pressione nei tubi del vapore aumento' enormemente; nel giro di 8 secondi si produsse una prima esplosione di vapore. L'esplosione distrusse il nocciolo del reattore, danneggio' il tetto e fece sollevare il coperchio monoblocco di acciaio e cemento della centrale, del peso di oltre 1000 tonnellale. Per maggiore disgrazia, nel ricadere, questi si adagio' di fianco incastrandosi tra le opere murarie e nei suoi violenti movimenti strappo' cavi e varie tubature provocando svariati danni, esponendo il nocciolo rovente all'aria.Una seconda esplosione, molto piu' violenta, seguì dopo qualche secondo, probabilmente dovuta all'idrogeno prodotto dalla reazione tra vapore e zirconio e tra vapore e grafite incandescente. Testimoni all'esterno della centrale hanno visto scagliati in aria pezzi in fiamme che, nel ricadere, estendevano l'incendio al corpo della centrale stessa.
chernobyl distruzioneCirca il 25% dei blocchi di grafite fu sparato in aria dalla reazione. Furono scagliati lontani anche pezzi di elementi di combustibile, parti del nocciolo e delle strutture portanti. Le spaccature del tetto hanno poi fatto da camino contribuendo ad espandere l'incendio. La reazione dell'ossigeno con il nocciolo incandescente incendiò la grafite, incendio che continuera' per altri dieci giorni e che sara' la causa principale della dispersione nell'atmosfera di detriti radioattivi e prodotti di fissione fino ad un'altezza di 1 Km. Altri incendi si svilupparono nei resti dell'edificio, sul tetto del locale delle turbine e nei vari depositi di materiale infiammabile. I componenti pesanti dei fumi ricaddero nelle vicinanze della centrale, i componenti piu' leggeri, invece, iniziarono la loro marcia verso l'Europa, iniziando dal Nord-Est della centrale, dove i venti prevalenti spingevano. Sparito il refrigerante, sparito ogni controllo, finita la geometria del reattore, in qualche parte continuava la reazione a catena perchè vi era Uranio-235 ed un moderatore (grafite) ancora efficienti. Saliva la temperatura ed il nocciolo stava fondendo in una massa unica nella quale la reazione sarebbe proseguita per molto tempo. Il nocciolo intanto penetrava nel suolo per oltre 4 metri. Ormai si poteva tentare solo qualche operazione che alleviasse il completo disastro. Oltre cento incendi erano scoppiati nelle adiacenze della centrale. Occoreva fermarli, spegnere la grafite. Infatti di fianco all'unitá 4 vi erano altri 3 reattori funzionanti, e un'estensione del disastro sarebbe stata un'apocalisse.
Inoltre tutti sapevano di non avere a che fare con semplici esplosioni di natura chimica: oltre ad esse si sarebbe accompagnata una radioattivita' incontrollabile e disastrosa. Negli elementi combustibili dei 4 reattori vi erano oltre 3000 Kg di plutonio e 700 tonnellate di uranio e una infinita' di isotopi radioattivi ottenuti come prodotti di fissioni delle successive reazioni nucleari.

Nessuno sapeva bene come impedire o arginare la catastrofe. Centinaia di pompieri intervenuti dalla vicina Pripyat si sacrificarono, essendo esposti per primi ad enormi dosi di radioattività, per tentare lo spegnimento degli incendi (tra l'altro questi uomini intervennero con attrezzature del tutto inadeguate: non avevano vestiti speciali che li coprissero interamente, non avevano maschere con filtri efficienti, non avevano dosimetri adeguati...).

25 APRILE 1945 - LA GRANDE STORIA




Erano quasi tutti giovani e giovanissimi, proprio come quelli che fecero il risorgimento e come quelli furono in molti a lasciare la vita sul campo per l'Italia e per la libertà.
Sono i partigiani e i combattenti antifascisti, quelli che resero possibile il 25 aprile e liberarono l'Italia dalla dittatura e dall'occupazione nazista.
Grazie a loro celebriamo il 25 aprile, la festa della liberazione.
Erano giovani, dunque, studenti, operai, professori, tra loro anche tante donne. Erano figli e figlie, fratelli, sorelle e genitori. Tanti sono tornati vincitori, hanno partecipato alla vita politica italiana, alla stesura della Costituzione, al riavvio della convivenza democratica, alla ricostruzione e allo sviluppo dell'Italia. Due di loro sono stati Presidenti della Repubblica, Pertini e Ciampi.
Di quella generazione che ha partecipato alla politica e alla vita pubblica con spirito di servizio, passione civile e amore per il proprio paese sembra essersi perso lo stampo. E invece i politici, almeno quelli onesti (che sono la maggioranza) dovrebbero imparare dalla lezione di questi giovani padri della patria e trarne ragioni di impegno e ispirazione etica. Sembrano espressioni fuori moda e forse faranno sorridere qualcuno. Ma chi come noi, come i lavoratori, i pensionati, i precari sta subendo i colpi di una crisi provocata dall'avidità di pochi e dall'asservimento della politica a quei pochi, a quei valori ha bisogno di richiamarsi per ritrovare anche nella storia collettiva una scossa, un invito alla fiducia e uno stimolo anche all'impegno personale.
Riproponiamo alcune lettere delle condannati a morte della resistenza (non possiamo pubblicarle tutte, ma ne consigliamo la lettura), perché sono un esempio commovente di quanto siano forti le idee e il senso di giustizia. Nessuno di questi ragazzi, giustiziati da tedeschi e fascisti, è felice di morire, ma tutti sono sereni perché sono certi che alla fine le loro idee vinceranno e l'Italia sarà libera e più giusta. Il loro sacrifico ci richiama alle nostre responsabilità, obbligandoci a non lasciare andare in malora il nostro paese.

lunedì 23 aprile 2012

Ancora tre italiani sotto sequestro




Con la liberazione di Maria Sandra Mariani in Algeria e i I sei italiani a bordo della nave Enrico Ievoli di oggi  restano tre gli italiani sotto sequestro in diverse zone del mondo. Si tratta di aree a rischio, come la fascia che si estende dalle zone desertiche dell’Africa occidentale alle acque antistanti il Corno d’Africa. C’è poi il Pakistan, in una regione considerata pericolosa perché vi operano milizie islamiche. Responsabili dei sequestri sono principalmente gruppi terroristici come Al Qaeda nel Maghreb islamico, i Boko haram nigeriani, gli Al Shabaab somali o i taliban attivi nelle zone di confine tra Afghanistan e Pakistan.
Rossella Urru Trent’anni compiuti da poco, sarda, al lavoro come cooperante del Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli (Cisp) in Algeria, Urru è stata sequestrata insieme ad altri due colleghi (Enric Gonyalons e Ainhoa Fernandez) la notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011 dal campo profughi di Hassi Raduni, nel deserto algerino sud-occidentale, abitato da profughi sahrawi. Laureata in cooperazione internazionale a Ravenna, da due anni Rossella Urru lavorava a un progetto umanitario per il Cisp. A dicembre un video diffuso da un giornalista dell’Afp testimoniava che i tre ostaggi erano ancora in vita, nelle mani del Movimento unito per la jihad nell’Africa occidentale. Poi, all’inizio di marzo, il sito mauritano Sahara media aveva annunciato la liberazione di Urru, purtroppo smentita nel giro di poche ore. Dopo, nuovamente il silenzio.
Un altro italiano di cui si sono perse le tracce è Bruno Pellizzari, rapito dai pirati somali il 10 ottobre 2010 con la compagna sudafricana Deborah Calitz. Lo skipper , sequestrato mentre lavorava su uno yatch a largo della costa della Tanzania, viveva da anni in Sudafrica.
 Giovanni Lo Porto 38 anni, palermitano, è un cooperante che lavora per l’ong tedesca Welthungerhilfe. L’uomo è stato sequestrato con il collega olandese Bernd Johannes il 20 gennaio scorso nel distretto di Multan della provincia centro-occidentale pachistana del Punjab, dove lavorava a un progetto di sostegno alle popolazioni colpite dalle inondazioni. Lo Porto e Johannes sono stati portati via da quattro uomini incappucciati e armati, che hanno caricato i due cooperanti su un’automobile. I rapitori hanno puntato una pistola al volto dei cooperanti costringendoli a indossare il shalwar kameez, l’abito nazionale pachistano. Secondo la polizia dietro al sequestro ci sono i fondamentalisti islamici. Dopo gli studi in Gran Bretagna, tra la London Metropolitan University e la Thames Valley University, Lo Porto ha lavorato come project manager per varie ong, tra cui il Gruppo volontario civile e il Cesvi. Quindi è passato a collaborare con la Welthungerhilfe (Aiuto alla fame nel mondo), creata nel 1962 sotto la protezione e il sostegno della Fao.

LIBERA IL TUO VOTO - Libera Mottola


In occasione delle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio 2012 che interesseranno Mottola e oltre mille comuni a livello nazionale, il Presidio di Libera Mottola 'Antonio Montinaro' ha realizzato uno spot per sensibilizzare gli elettori al voto di coscienza e per contrastare ogni forma di voto di scambio.

Trailer- Noi che siamo ancora vive.


Trailer del film documentario Noi che siamo ancora vive, di Daniele Cini.
Sinossi: Il 5 Ottobre del 2006 si è aperto il dibattimento di un nuovo giudizio ai militari argentini responsabili del genocidio degli anni settanta, per il sequestro e l'omicidio di alcuni cittadini italiani. Il processo riguarda un luogo in particolare, forse il più terribile dei luoghi di morte di quel periodo oscuro: l'ESMA, scuola meccanica della Marina militare, dove vennero torturati e fatti sparire, lanciandoli dagli aerei in mare aperto o nel Rio de la Plata, 5.000 giovani e dove ne sopravvissero meno di 200.

Tolleranza Zoro 87a puntata



Di antipolitica e politica, di incubo e realtà, di Lavitola e sosia davanti alla legge, di discese in campo e dejà vu, temendo di non aver visto già tutto. Questo e molto altro nell'ottantasettesima puntata di Tolleranza Zoro, in una versione di circa due minuti più lunga rispetto a quanto andato in onda su La7, a The Show Must Go Off.

venerdì 20 aprile 2012

Marco Travaglio: i rimborsi economici ai partiti - puntata 20 - Servizio...



La storia dei finanziamenti pubblici, cifre in crescendo che stimolarono i partiti a moltiplicarsi per accaparrarsi denaro pubblico. E i finanziamenti privati? Sgravi fiscali enormi per le aziende, maggiori rispetto a quelli per la donazione alla ricerca contro la leucemia.

giovedì 19 aprile 2012

Tweetstar #14 Zoro: «Santanchè e Bersani ma su Twitter che state a di'?»



Dice Twitter, e ride. Diego Bianchi (in arte Zoro) non ce la fa a non trattare con leggerezza (e ironia) anche il social network che per molti è una specie di vangelo quotidiano di cinguettii informati e brillanti e imprescindibili. 
Lo abbiamo scelto come Tweetstar della settimana proprio per questo. Gli abbiamo chiesto, a lui che sul web in fondo è nato, e che dal web è approdato alla tv senza mai smettere di frequentarlo, che ne pensa del sito di microblogging statunitense, chi vi si muove meglio, come comportarsi per evitare la "sindrome del following" (ironicamente tratteggiata nella striscia settimanale "Follower", in onda il sabato durante "The Show Must Go Off"), e come vi si muovono i politici. Nel video le risposte, che più "zoriane" non possono essere.

mercoledì 18 aprile 2012

IL CONFLITTO IN AFGHANISTAN - MASSIMO FINI

Vi racconto quella notte alla Diaz



Ero in quella scuola quando la Polizia fece irruzione. Ci eravamo appena messi nei sacchi a pelo. Poi fu l'indicibile. Il film che esce oggi ripaga di tante sofferenze: è così reale che guardandolo ho avuto come un flashback. Questo perché è un film basato sui fatti

Ancora nove italiani sotto sequestro

Con la liberazione di Maria Sandra Mariani in Algeria restano nove gli italiani sotto sequestro in diverse zone del mondo. Si tratta di aree a rischio, come la fascia che si estende dalle zone desertiche dell’Africa occidentale alle acque antistanti il Corno d’Africa. C’è poi il Pakistan, in una regione considerata pericolosa perché vi operano milizie islamiche. Responsabili dei sequestri sono principalmente gruppi terroristici come Al Qaeda nel Maghreb islamico, i Boko haram nigeriani, gli Al Shabaab somali o i taliban attivi nelle zone di confine tra Afghanistan e Pakistan.

Rossella Urru. Trent’anni compiuti da poco, sarda, al lavoro come cooperante del Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli (Cisp) in Algeria, Urru è stata sequestrata insieme ad altri due colleghi (Enric Gonyalons e Ainhoa Fernandez) la notte tra il 22 e il 23 ottobre 2011 dal campo profughi di Hassi Raduni, nel deserto algerino sud-occidentale, abitato da profughi sahrawi. Laureata in cooperazione internazionale a Ravenna, da due anni Rossella Urru lavorava a un progetto umanitario per il Cisp. A dicembre un video diffuso da un giornalista dell’Afp testimoniava che i tre ostaggi erano ancora in vita, nelle mani del Movimento unito per la jihad nell’Africa occidentale. Poi, all’inizio di marzo, il sito mauritano Sahara media aveva annunciato la liberazione di Urru, purtroppo smentita nel giro di poche ore. Dopo, nuovamente il silenzio.

Un altro italiano di cui si sono perse le tracce è Bruno Pellizzari, rapito dai pirati somali il 10 ottobre 2010 con la compagna sudafricana Deborah Calitz. Lo skipper , sequestrato mentre lavorava su uno yatch a largo della costa della Tanzania, viveva da anni in Sudafrica.

Giovanni Lo Porto. 38 anni, palermitano, è un cooperante che lavora per l’ong tedesca Welthungerhilfe. L’uomo è stato sequestrato con il collega olandese Bernd Johannes il 20 gennaio scorso nel distretto di Multan della provincia centro-occidentale pachistana del Punjab, dove lavorava a un progetto di sostegno alle popolazioni colpite dalle inondazioni. Lo Porto e Johannes sono stati portati via da quattro uomini incappucciati e armati, che hanno caricato i due cooperanti su un’automobile. I rapitori hanno puntato una pistola al volto dei cooperanti costringendoli a indossare il shalwar kameez, l’abito nazionale pachistano. Secondo la polizia dietro al sequestro ci sono i fondamentalisti islamici. Dopo gli studi in Gran Bretagna, tra la London Metropolitan University e la Thames Valley University, Lo Porto ha lavorato come project manager per varie ong, tra cui il Gruppo volontario civile e il Cesvi. Quindi è passato a collaborare con la Welthungerhilfe (Aiuto alla fame nel mondo), creata nel 1962 sotto la protezione e il sostegno della Fao.

I sei a bordo della nave Enrico Ievoli. Golfo dell’Oman, 27 dicembre 2011. Il mercantile Enrico Ievoli è in attesa di inserirsi in un convoglio scortato da navi militari di altri paesi, quando viene assalito da pirati a bordo di un barchino armato di kalashnikov e Rpg. L’allarme viene dato alcune ore dopo. Partito dagli Emirati Arabi Uniti e diretto verso il Mediterraneo, il tanker ha un equipaggio di 18 uomini, di cui sei italiani, cinque ucraini e sette indiani. La società armatrice, la napoletana Marnavi, non aveva chiesto l’imbarco dei Nuclei militari di protezione (le scorte armate che la difesa mette a disposizione dei mercantili italiani) perché il bastimento era già inserito in un programma di scorta navale internazionale. I pirati, forse avvertiti, hanno approfittato della momentanea scopertura; e dopo aver preso il controllo della nave l’hanno portata alla fonda davanti alla costa della Somalia.

martedì 17 aprile 2012

cuori rossi



di Gian Vito Di Benedetto a special thanks for the music to Cisco, La lunga notte
In questo video: Giuseppe Pinelli, Franco Serantini, Mauro Rostagno, Adelchi 
Argada, Saverio Saltarelli, Piero Bruno, Carlo Giuliani, Benedetto Petrone,
Walter Rossi, Mara Cagol, Fabrizio Ceruso,Alceste Campanile, Giorgiana Masi,
Giovanni Ardizzone,Valerio Verbano,Fausto e Iaio, FrancescoLorusso,
Varalli e Zibecchi, Roberto Franceschi, Peppino Impastato,Roberto Scialabba,
Cesare Pardini, Dax, Sole e Baleno

lunedì 16 aprile 2012

PERNONDIMENTICARE Claudio Varalli e Giannino Zibecchi



16 Aprile 1975 il fascista Antonio Braggion uccide Claudio Varalli con un colpo di pistola alla nuca in Piazza Cavour.
17 Aprile 1975 un camion dei carabinieri travolge Giannino Zibecchi in Corso XXII
Marzo durante la manifestazione di protesta per l'assassinio di Varalli.
Ricordare il sacrificio di questi due giovani e di tanti altri che hanno perso la vita negli anni della Nuova Resistenza, non è solo un omaggio alla memoria
ma un obbligo morale vista la situazione politico/economica in cui versa inl
nostro Paese.

Schockierend Radikaler Jude schlägt mit M-16 auf Fahrradfahrer und Fried...




Un alto ufficiale israeliano colpisce in faccia con un fucile M-16 un attivista durante una manifestazione pro-palestinese in bicicletta nella Valle del Giordano tenutasi il 14 aprile. Il tutto è testimoniato nel video pubblicato dall'International Solidarity Movement su YouTube. Un gruppo di circa 250 attivisti, giovani per lo più palestinesi della Cisgiordania, aveva organizzato una forma di protesta silenziosa. Ad un certo punto, diverse decine di soldati dell'Idf hanno fermato gli attivisti e buttato le loro bici in un tunnel. "Non ci aspettavamo violenze da parte dei soldati israeliani" ha spiegato uno degli attivisti Haaretz. "Ho cercato di parlare con loro, per dire che volevamo solo godere della bella strada e la Valle del Giordano in primavera, ma siamo stati picchiati. Gli ufficiali ci dicevano che non potevamo stare in quella zona. " Quattro attivisti che avevano subito ferite sul viso e la schiena sono stati portati in un ospedale di Gerico, mentre altri tre giovani hanno rifiutato di ricevere cure mediche. Eisner ha raccontato la sua versione dei fatti, e ha detto che il giovane che ha picchiato lo aveva colpito in precedenza. Ha detto che l'incidente è durato due ore, e che gli attivisti stavano cercando di bloccare una strada nella valle del Giordan

Tolleranza Zoro 86a puntata



Di Bergamo e di Lega, di The Family, di Bossi Umberto e di Bossi Renzo, di Roberto Maroni e di Rosy Mauro, di cerchi magici e barbari sognanti, di scope e orgoglio, di espulsioni e dimissioni, di un giorno in Padania, come se esistesse davvero. Questo e molto altro nell'ottantaseiseima puntata di Tolleranza Zoro, in una versione di circa tre minuti più lunga rispetto a quanto andato in onda su La7, a The Show Must Go Off.

domenica 15 aprile 2012

Israel blocks Flytilla activists



Israel has forced airlines to cancel the tickets of scores of pro-Palestinian activists they suspect were headed to the Occupied Territories to take part in this year's Welcome to Palestine event -- dubbed the Flytilla 2012. Campaigners from north America and Europe have been banned from travelling as the Israeli authorities try and clamp down on known Palestinian supporters. Amina Taylor reports.

Vittorio Arrigoni, intervista inedita









Il 15 aprile di un anno fa veniva uccisoVittorio Arrigoni. Attivista, pacifista, giornalista. Profondo conoscitore della questione palestinese. Una voce libera, un testimone di una realtà complessa, quella diGaza. Vogliamo ricordarlo attraverso uno degli ultimi articoli scritti da Roberto Morrione per Libera Informazione.
“Alla Camera e al Senato – scrive Vincenzo Vita – abbiamo chiesto al Governo – attraverso lo strumento dell’interrogazione parlamentare – di fare piena luce sui fatti che hanno portato dapprima al rapimento e poi all’uccisione di Vittorio Arrigoni. Non abbiamo ancora ricevuto risposta da parte dei Ministri competenti. Ci auguriamo che in queste ore, ad un anno ormai dalla tragica vicenda che ha colpito la famiglia Arrigoni, qualcuno dia un segno.”

Un 25 aprile nel nome di Vik
di Roberto Morrione*
Nel giorno di Pasqua Vittorio Arrigoni sarà salutato per l’ultima volta a Bulciago, il paese in provincia di Lecco da cui era partito per la sua missione di pace a Gaza e di cui è sindaco la madre Egidia Beretta. Il rimpianto che Vik lascia in tutti coloro che credono alla pace e alla libertà dei popoli è profondo, anche per il proditorio, barbaro, per molti aspetti oscuro e inspiegabile agguato della fanatica frangia islamica che ha voluto la sua morte.
Quest’anno il 25 aprile, Festa della liberazione dal nazismo e dalla dittatura fascista, cade a ridosso della festività pasquale e ci sono Amministrazioni che hanno voluto legare questo storico giorno di speranza, la fine dell’incubo della guerra e la riscossa di popolo da cui sono nate la Repubblica e la Costituzione, al ricordo di Vittorio Arrigoni, questo straordinario pacifista che ha dedicato la sua vita, fino all’estremo sacrificio, alla causa del popolo palestinese, chiuso nel lager della Striscia di Gaza, privo di quel diritto alla libertà e all’indipendenza che è lo stesso valore-base del nostro 25 Aprile.
Fra queste Amministrazioni c’è quella di Sasso Marconi, territorio indelebilmente segnato dalle centinaia di civili massacrati per rappresaglia nel ‘44 dalle SS naziste e dal sacrificio di giovani partigiani che combatterono nei boschi e sulle montagne dell’Appennino tosco-emiliano. L’Amministrazione di Sasso Marconi da anni ha istituito un premio per la comunicazione, dedicato a Enzo Biagi, che ne fu il primo ispiratore e nel 2009 una delle sezioni più significative, quella per il Sud del mondo, vide prescelto all’unanimità dalla giuria proprio Vittorio Arrigoni, per le sue straordinarie cronache dei 22 giorni di invasione israeliana. Unico giornalista occidentale all’interno di Gaza, sbarrata dagli israeliani alla testimonianza di inviati, televisioni e fotoreporter,
Vik descrisse con lealtà e chiarezza per “Il Manifesto” e sul suo blog, che fece subito il giro del mondo, il dramma di una guerra che colpì soprattutto la popolazione civile, con un impressionante bilancio di morti e feriti, distruzioni senza fine di impianti industriali e civili, uso da parte israeliana di devastanti ordigni bellici proibiti dalle convenzioni internazionali. Ogni suo pezzo si concludeva con un messaggio, “restiamo umani”, che era insieme una denuncia disperata e la riaffermazione di un essenziale valore civile di fronte alla disumanità della guerra. Il 25 Aprile a Sasso Marconi, si consoliderà dunque il filo che lega ogni battaglia per la libertà dei popoli e per i diritti dell’uomo, perché in ogni parte del mondo c’è una sola resistenza all’oppressione, alla violenza intimidatrice, al tentativo di imporre con la forza delle armi interessi che colpiscono la dignità dell’uomo. Per questa Resistenza, da lui impostata alla non-violenza e all’aiuto umanitario verso un popolo che soffre da anni e che chiede solo il diritto di esistere. Vittorio Arrigoni è morto a Gaza, come i civili massacrati nel ’44 sul Monte Sole, come un partigiano caduto nei boschi dell’Appennino per combattere la dittatura fascista e cercare la via di una nuova Italia. Sarà per questo giusto e bello, a Sasso Marconi, ricordarli insieme, in un giorno di festa e di speranza, ma anche di dolore e di rimpianto.

sabato 14 aprile 2012

28 maggio 1974 - La strage fascista di Piazza della Loggia [Brescia]



Brescia, 14 apr. - Tutti assolti. E' questo il verdetto emesso dalla Corte d'Assise d'appello di Brescia - presidente Enzo Plate' - al termine del quarto processo d'appello sulla strage di piazza della Loggia a Brescia, dove il 28 maggio 1974 una bomba uccise otto persone e ne feri' oltre cento. I giudici hanno infatti confermato la sentenza emessa dalla Corte d'Assise di Brescia, il 16 novembre 2010, nei confronti di Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte e Francesco Delfino, che erano stati assolti con la formula dubitativa.
  Infine e' stata dichiarata l'inammissibilita' dell'appello proposto dalle parti civili nei confronti di Pino Rauti. Le spese processuali sono state poste a carico delle parti civili che hanno presentato il ricorso.

La strage di piazza della Loggia e il segreto di Stato - Roberto Cucchini



Otto persone sono morte in piazza della Loggia a Brescia nel maggio del '74. Chi è stato? Nessuno. Non sono stati i fascisti manipolati da parti dello Stato, quelle che per pudore o comodità sono dette "deviate". Non sono stati i governi che non hanno indagato. Neppure i servizi segreti italiani e i loro collegamenti di oltreoceano. Non è stato nessuno. Andrà a finire che si è trattato di un suicidio collettivo, gli operai si sono ammazzati da soli. Il segreto di Stato sui documenti relativi alla strage va tolto, Chi ha interesse a mantenerlo? Qualcuno che è ancora nelle Istituzioni?
Roberto Cucchini, testimone della strage nella quale fu ferito, preso da un "senso di vuoto" (per citare le sue parole) dopo l'assoluzione di tutti gli imputati, ha preso la bicicletta e ha incollato sul monumento alle vittime in piazza della Loggia un foglio con scritto: "In questo luogo il 28 maggio del 1974 non è successo niente".

giovedì 12 aprile 2012

Enel, sotto processo ci sei tu!



ROMA, 12.04.12 - Ieri sera, in quattordici città italiane tra cui Milano, Venezia, Roma e Bari, attivisti di Greenpeace hanno dato vita a flashmob di protesta contro la politica energetica di Enel, la prima azienda in Italia responsabile dell'uso del carbone, la fonte più dannosa per il clima e la salute dell'uomo. "Enel, sotto processo ci sei tu!" è lo slogan che gli attivisti hanno portato davanti a luoghi istituzionali e simbolici della giustizia per chiedere che sia fatta luce sui danni sanitari e ambientali di cui Enel è responsa

Gli altri italiani ancora in ostaggio

Gli altri italiani ancora in ostaggio:

'via Blog this'


GLI ALTRI ITALIANI ANCORA IN OSTAGGIO

Da Rossella Urru ai sei marinai della Enrico Ievoli sono ancora nove i nostri connazionali ancora in ostaggio nel mondo.

Gli altri italiani ancora in ostaggio
Rossella Urru
ROMA - Dopo la liberazione di Paolo Bosusco, rapito il 14 marzo dai ribelli maoisti dello Stato indiano dell'Orissa assieme a Claudio Colangelo, liberato il 25 marzo scorso, i connazionali ostaggio di bande armate in tutto il mondo, sono ancora nove.

ROSSELLA URRU. Tra gli italiani ancora in ostaggio c'è Rossella Urru, 30 anni, la cooperante sarda rapita nel sud dell'Algeria in ottobre e scomparsa tra le dune del Sahara: nelle settimane scorse si era diffusa la notizia, poi smentita, di una sua liberazione.

MARIA SANDRA MARIANI. Nella stessa zona del sequestro Urru, è stata rapita nel febbraio 2011 anche la turista fiorentina Maria Sandra Mariani, 53 anni. E' l'ostaggio da più tempo nelle mani dei rapitori. I sequestratori fanno capo probabilmente ad Al Qaida per il Maghreb islamico (Aqmi), la rete integralista che controlla l'immensa fascia desertica che va dall'Algeria alla Mauritania, dal Mali al Niger, al Ciad fino al Sudan.

GIOVANNI LO PORTO. L'altro italiano ad essere stato rapito, lo scorso 19 gennaio, è il cooperante siciliano Giovanni Lo Porto, catturato con un collega tedesco in Pakistan nella località di Multan (Punjab). Sarebbe nelle mani del gruppo talebano Tehrik-e-Taliban Pakistan, capeggiato da Hakimullah Mehsud.

SEI MARINAI DELLA ENRICO IEVOLI. Sono sempre prigionieri dei pirati poi, i sei italiani della nave 'Enrico Ievoli' sequestrata il 27 dicembre scorso al largo delle coste dell'Oman e che sarebbe alla fonda al largo delle coste somale.

mercoledì 11 aprile 2012

LE FOGLIE MORTE Jacques Prévert




Oh! Vorrei tanto che tu ricordassi
i giorni felici quando eravamo amici.
La vita era più bella.
Il sole più bruciante.
Le foglie morte cadono a mucchi...
Vedi: non ho dimenticato.
Le foglie morte cadono a mucchi
come i ricordi e i rimpianti
e il vento del nord le porta via
nella fredda notte dell'oblio.
Vedi: non ho dimenticato
la canzone che mi cantavi.
È una canzone che ci somiglia.
Tu mi amavi
io ti amavo.
E vivevamo noi due insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza far rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.
Le foglie morte cadono a mucchi
come i ricordi e i rimpianti.
Ma il mio amore silenzioso e fedele
sorride ancora e ringrazia la vita.
Ti amavo tanto, eri così bella.
Come potrei dimenticarti.
La vita era più bella
e il sole più bruciante.
Eri la mia più dolce amica ...
Ma non ho ormai che rimpianti.
E la canzone che cantavi
sempre, sempre la sentirò.
È una canzone che ci somiglia.
Tu mi amavi
io ti amavo.
E vivevamo noi due insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza far rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.

Storia - Il campo di concentramento di Buchenwald - Documentario



11 aprile 1945  forze statunitensi liberano il campo di concentramento di Buchenwald
Tra il 1937 e il 1945 Buchenwald fu uno dei più importanti campi di concentramento e di sterminio nazisti situato sul suolo tedesco. Fu costruito su una collina boscosa dell' Ettersberg (Buchenwald significa letteralmente Bosco di faggi). In totale furono internati in questo campo di concentramento circa 250.000 uomini provenienti da tutti i paesi europei. Il numero totale delle vittime è stimato in circa 56.000, di cui 11.000 ebrei.
Esso venne istituito nell'estate del 1937 come luogo di punizione per detenuti politici. Con il legname della vicina foresta di Ettesberg un gruppo di deportati costruì le prime baracche di Buchenwald nel 1937, nelle vicinanze di Weimar in un luogo lontano da tutto e da tutti. Furono costruite cinquanta baracche, circondate da filo spinato elettrificato, vigilate da SS armate di mitragliatrici e dominate dai camini dei forni crematori.

martedì 10 aprile 2012

La Storia Siamo Noi: La Tragedia della Moby Prince (a cura di Gianni Min...



Il Moby Prince è stato un traghetto in servizio per la compagnia di navigazione privata Nav.Ar.Ma tra il 1986 e il 1991, anno in cui fu protagonista della più grave tragedia che abbia colpito la marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra.
Un punto mai chiarito, (su cui si vuol far luce), a causa dello stretto riserbo da parte delle autorità italiane ed americane in merito, è quello dell'eventuale presenza in rada (all'interno cioè della zona di porto teatro della sciagura) di navi militari americane o di altre nazioni, e delle loro eventuali attività.
Appurato da verbali e registri che molte navi americane transitavano e sostavano nel Porto di Livorno nella notte dell'incidente, esistono alcune zone d'ombra mai chiarite, in merito ad un'eventuale responsabilità di queste ultime o dei loro carichi nella dinamica dello scontro.
La vicinanza della base americana di Camp Darby di fatto rendeva frequente la presenza di navi americane nel porto. Ma nella notte in questione, molte navi militari erano ferme in rada sotto falso nome o con nomi di copertura, si presume eseguendo attività militari che non risultarono autorizzate dalla prefettura come previsto dalla legge italiana.
Alcune ipotesi spingono invece per affermare che l'incidente, fortuitamente o volutamente provocato da terzi, sia da mettere in relazione con traffici illeciti di armamenti militari avvenuti la notte dell'incidente nel Porto di Livorno.

Trailer "Ventanni. Storia privata del Moby Prince"




Il 10 aprile 1991, nel traghetto Moby Prince incendiato, Mauro perde i genitori e la sua vita serena. Vent'anni dopo, ritrovata la felicità lontano dalla vicenda, decide di compiere un viaggio nella memoria e conoscere gli altri familiari delle vittime in occasione dell'anniversario della tragedia. Li trova divisi, guidati da due leader contrapposti. Loris é impegnato a tenere vivo il ricordo ed unire le associazioni familiari delle vittime delle stragi italiane per fare fronte comune, Angelo cerca ancora quella verità giudiziale che fughi ogni dubbio sulla vicenda e le responsabilità del padre, comandante del traghetto. Tra di essi un giovane, Giacomo, cresce nella sfiducia verso le istituzioni, cercando le sue radici sulla rotta del Moby Prince.
Un documentario sulle loro storie li porrà di fronte alle proprie scelte, in un confronto finale su verità e giustizia.

"VENTANNI. Storia privata del Moby Prince" é un progetto di Mediaxion Società Cooperativa realizzato con la partecipazione di Regione Toscana e il contributo di Unicoop Tirreno, Porto Livorno 2000, Banca Popolare Etica, Autorità Portuale di Livorno, Camera di Commercio di Livorno - in collaborazione con Associazione 140 e Associazione 10 aprile - con il sostegno di Comune di Livorno - Film Commission

Cynthia Dall - Holland




È scomparsa ad appena 41 anni la alt-rocker di Chicago Cynthia Dall, nota per essere stata compagna e collaboratrice di Bill Callahan (Smog) a metà degli anni '90.
Autrice di due album, il misterioso e oscuroUntitled (1996), tuttora considerato un autentico oggetto di culto per i fan delle voci femminili indie, e Sound Restores Young Man (2002), aveva collaborato anche con i Notwist e con Jim O' Rourke. Da qualche anno lavorava quasi esclusivamente come fotografa. La notizia della sua morte è stata comunicata a Pitchfork dalla famiglia e al momento non se ne conoscono le cause.

Tav Firenze-Bologna, i cantieri che hanno cambiato per sempre il Mugello



Tav Firenze-Bologna, i cantieri che hanno cambiato per sempre il Mugello

venerdì 6 aprile 2012

(video integrale) QUESTA E' L'AQUILA: Voci a tre anni dal Terremoto

Corrado Formigli: "Piazza Pulita" - Bossi: La Caduta del Re del Nord (05...



Gli italiani sono sempre più poveri e i partiti sempre più ricchi, come dimostra lo scandalo che travolge la Lega Nord, il partito che gridava 'Roma ladrona'. Chi rappresenta oggi gli italiani impoveriti? Esiste una ricetta alternativa a quella del governo Monti per uscire della crisi? Ne parliamo con Nichi Vendola, Andrea Romano, Massimo Giannini, Guido Martinetti, Leonardo Facco. Con notizie esclusive sullo scandalo Lega e un grande reportage di Alessandro Sortino da Taranto.

L'Aquila tre anni dopo



Alle 3.32, ora della scossa che nel 2009 ha distruggeva la città dalle campane in Piazza Duomo sono riecheggiati 309 rintocchi, tanti quante le vite spezzate dal terremoto. Alla manifestazione hanno preso parte circa 10.000 persone. Presente anche il ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca

giovedì 5 aprile 2012

Gandhi Dandi March Salt Satyagraha




Il Mahatma Gandhi, in un atto di disobbedienza civile, marcia verso il mare infrangendo il divieto di produrre sale
La disobbedienza civile è una forma di lotta politica, attuata da un singolo individuo o più spesso da un gruppo di persone, che comporta la consapevole violazione di una precisa norma di legge, considerata particolarmente ingiusta, violazione che però si svolge pubblicamente, in modo da rendere evidenti a tutti e immediatamente operative le sanzioni previste dalla legge stessa.
Gandhi annuncia la ripresa della campagna satyagraha. Nel marzo del 1930 intraprende una campagna contro la tassa del sale. Inizia così la celebre Marcia del sale che parte con settantotto satyagrahi dall'ashram Sabarmati di Ahmedabad il 12 marzo e termina a Dandi il 6 aprile 1930 dopo 380 km di marcia. Arrivati sulle coste dell'Oceano indiano Gandhi ed i suoi sostenitori estraggono il sale in aperta violazione del monopolio reale e vengono imitati dalle migliaia di indiani unitisi durante la marcia.
Questa campagna, una delle più riuscite della storia dell'indipendenza non-violenta dell'India, viene brutalmente repressa dall'impero britannico, che reagisce imprigionando più di 60 000 persone. Anche Gandhi e molti membri del Congresso vengono arrestati. Diversi satyagrahi vengono inoltre picchiati dalle autorità durante i loro tentativi di razzia non-violenta di saline e di depositi di sale.

L'ultima lettera di Kurt Cobain



1967-1994 È meglio bruciare in una fiammata che spegnersi lentamente. 18 anni dalla scomparsa, uno speciale per celebrare il leader dei Nirvana

flash mob in onore di Rossella Urru. Cagliari - 31 marzo 2012



Tutti ormai sappiamo chi è Rossella Urru. Dal 23 ottobre del 2011 è in mano ai suoi sequestratori e ben poco si sa di questa vicenda. I media non ne parlano ma si susseguono le iniziative per non dimenticare la giovane volontaria sarda. Questo flash mob è il nostro piccolo contributo per tenere viva la speranza di poterla riabbracciare presto

mercoledì 4 aprile 2012

Il film sulla Diaz e i poliziotti censurati. Avremo mai una Polizia democratica? - AgoraVox Italia

Il film sulla Diaz e i poliziotti censurati. Avremo mai una Polizia democratica? - AgoraVox Italia:

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Il 13 aprile uscirà nelle sale cinematografiche il film "Diaz" del regista Daniele Vicari.
Il film ricostruisce i tragici giorni del G8 di Genova del 2001 concentrandosi, in particolare, sulla notte del 21 luglio, quando centinaia di poliziotti fecero irruzione all'interno della Scuola Diaz, dove riposavano centinaia di manifestanti. Fu un autentico massacro, una "macelleria messicana" ai danni di attivisti inermi. 
Amnesty International nel 2002 richiese ufficialmente un'indagine sull'operato delle forze dell'ordine nella gestione del vertice del G8, non esitando a definire i "fatti di Genova" come "la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale".
Lo Stato Italiano subì, negli anni successivi, una serie di condanne in sede civile per gli abusi commessi dalle forze dell'ordine. Tuttavia circa 250 procedimenti furono archiviati per l'impossibilità di identificare gli agenti responsabili delle violenze
Ebbene, il film "Diaz" prova a raccontare quei drammatici giorni del 2001. A lasciare perplessi, tuttavia, è una circolare diramata dal Ministero dell'Interno il 15 marzo scorso (guarda il documento pdf): 
"

PDF - 36.1 Kb
In concomitanza con la proiezione di numerose pellicole cinematografiche che affrontano la ricostruzione storica di eventi relativi ad attività di polizia in situazioni ordinarie e straordinarie, si ribadisce che qualsiasi intervista, partecipazione a convegni o dibattiti, va autorizzata da questo Dipartimento". 
La circolare è evidentemente un tentativo di censurare quegli uomini delle forze dell'ordine che volessero offrire testimonianze su quanto accaduto a Genova.
In un articolo scritto per il quotidiano Paese Sera Mirko Carletti, Dirigente Sindacale Silp per la Cgil (il sindacato dei lavoratori della polizia), ha dichiarato: 
"L’intervento ministeriale appare più una grave interruzione del percorso di democratizzazione della polizia a 30 anni dalla sua smilitarizzazione. Un’amministrazione che si chiude evitando il confronto si allontana sempre di più da quell’idea di “polizia fra la gente” che sembrava indicare la via democratica da tutti desiderata. [...]
Diaz è tristemente vero, costruito su atti processuali che appaiono ancora più duri, e reso ancora più realistico dalla somiglianza fra attori e personaggi reali della catena di comando; ricostruisce le assurde e immotivate scelte operative utilizzate per giustificare la “bonifica” della scuola Diaz e mostra una violenza che in questo caso non trova giustificazione o collegamento con gli episodi di piazza. [...]
Oggi la polizia è ancora a rischio “Diaz”? Una cosa è certa: la democratizzazione non è ancora completata. I poliziotti non hanno ancora diritto alla libera sindacalizzazione, il taglio delle risorse economiche incide negativamente sulla formazione professionale e culturale del personale, l’accesso in polizia per effetto della legge 226/2004 avviene solo attraverso il percorso militare che svuota di significato la smilitarizzazione avvenuta con la riforma 121/81 e crea una nuova militarizzazione strisciante della Polizia di Stato.
Il Capo della Polizia, davanti a tanto orrore, dovrebbe chiedere scusa al mondo intero, per rispetto di quanti hanno subìto violenze fisiche e psicologiche da operatori di quell’istituzione che oggi rappresenta, e assicurare a tutti che finalmente si potrà voltare pagina chiudendo con i fantasmi del passato".
La domanda di Carletti "Oggi la polizia è ancora a rischio Diaz?" appare tristemente retorica. Pochi giorni fa, infatti, attivisti del Movimento No Tav hanno caricato su YouTube un video che mostra un gruppo di poliziotti e militari catturare un manifestante, trascinarlo all'interno di un recinto e pestarlo, utilizzando addirittura bastoni di legno. Poi una foto immortala un poliziotto intento a scagliare una pesante pietra. 
Le immagini sono state riprese da una posizione molto favorevole e ravvicinata. Appare impensabile che sia stato opera di un giornalista: è stato un uomo delle forze dell'ordine a realizzare il video e consegnarlo ai "No Tav"?
Una cosa è certa: è inutile parlare di "democratizzazione della polizia" se episodi come questo non vengono chiariti. Per farlo sarebbe sufficiente rendere riconoscibili gli agenti con dei numeri identificativi, ma inspiegabilmente il ministero dell'Interno continua a sorvolare su questo argomento: per questo il "rischio Diaz" è sempre attuale. E a facilitarlo ora arrivano anche assurde circolari di censura come quella del ministero.