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sabato 27 aprile 2013

AK47 - Sole di notte


Dal 25 aprile in download gratuito torna il gruppo musicale romano dopo dieci anni di assenza: “L’abbiamo scritta pensando a Genova, ma anche a Federico Aldrovandi”.
La passione, il calore, l’eleganza sono quelle di sempre: e dopo dieci anni anche le “radici” non hanno smesso di cercare un senso in una storia comune, che gli Ak 47 – gruppo musicale romano che ha segnato la scena della musica “underground” – non hanno mai smesso di raccontare.
E non è un caso se la nuova traccia “Sole di notte” è scaricabile gratuitamente dal 25 aprile su internet: quando gli Ak 47 hanno smesso di suonare (“ma non ci siamo mai lasciati”, dicono) youtube, facebook, i social network, non esistevamo o muovevano i primi passi. Oggi, per loro, festeggiare insieme la Liberazione significa anche passare per la rete, che se fa molto rumore è anche capace di legare, far ritrovare. E lo si nota dai messaggi subito postati dagli “aficionados” del gruppo, sotto il video su youtube: sono in tanti a ritrovarsi, accompagnati dalle note di “Sole di notte”.
La canzone parte da Genova, di nuovo dalla notte della Diaz, ma non per “ricordare”: la memoria è radice, canta il gruppo. La giustizia in tribunale non c’è stata: i poliziotti violenti di Genova hanno addirittura fatto carriera. Nessuna giustizia per un movimento che è stato affogato nel sangue, in due giorni di repressione feroce su cui lo Stato non è stato capace – o non ha voluto – fare piena luce. Un movimento che metteva tutti in guardia: prefigurava, e ne spiegava le ragioni con dieci anni di anticipo, la crisi economica, finanziaria e sociale che ha colpito l’Occidente.
Da queste consapevolezze gli Ak 47 partono per dire che le rivendicazioni non sono finite: che dalla storia bisogna trarre insegnamenti. E allora, cosa ci ha insegnato Genova? “non è solo ricordo è una radice, mettete poliziotti i codici sule divise”, cantano oggi. “Pensiamo che uno dei modi per superare davvero Genova sia quello di provare finalmente a riprenderci un po’ di giustizia – scrive il gruppo presentando “Sole di notte” – La giustizia che i processi non ci hanno dato! Pensiamo sia importante finalmente una legge contro la tortura. Introdurre tutele per i cittadini e provvedimenti contro i soprusi e gli abusi dei militari e della polizia e stabilire regole civili per la loro condotta. Come un codice identificativo sui caschi e la divisa. Questo è solo un piccolo contributo che si accompagna alla speranza di poter realizzare e vincere tutti insieme e con efficacia questa battaglia”.
E che sia un grave errore tanto dimenticare che lasciare perdere, lo dimostrano i casi di “malapolizia” che hanno costellato l’Italia dopo Genova. Poliziotti impuniti, anche quando si sono macchiati di omicidi. A creare questo legame, questo fil rouge, sono proprio gli Ak 47: che dicono di aver scritto il brano pensando ai casi di ragazzi massacrati, a cui fanno da contraltare forze dell’ordine nei fatti impunite (anche quando vengono condannati dal tribunale): da Federico Aldrovandi a Stefano Cucchi, ma non solo.
Allora, approvare il reato di tortura, decidere che le forze di polizia debbano esporre un codice sulla loro divisa, non sono “ornamenti”. Ma le premesse per un patto sociale, che sia basato sulla giustizia.

27 aprile 1937 muore Antonio Gramsci


Antonio Gramsci nasce ad Ales (presso Oristano), in Sardegna, il 22 gennaio 1891, quarto dei sette figli di Francesco Gramsci e Giuseppina Marcias. Nel 1894 la famiglia si trasferisce a Sòrgono (Nuoro): per due anni viene mandato, insieme alle sorelle, in un asilo di suore. A questo periodo, dopo una caduta, risale la malattia che gli lascerà una malformazione fisica: la schiena andrà lentamente incurvandosi e le cure mediche tenteranno invano di arrestare la sua deformazione.
Nel 1897 il padre viene sospeso dall’impiego all’Ufficio del registro di Ghilarza e arrestato per irregolarità amministrative.
Nel 1902 consegue la licenza elementare a Ghilarza. Studia poi privatamente e intanto lavora, per aiutare la famiglia, presso l’ufficio catastale di Ghilarza.
Nel 1905 si iscrive al liceo-ginnasio di Santu Lussurgiu, cittadina a 15 km da Ghilarza. Inizia a leggere la stampa socialista che il fratello Gennaro gli invia da Torino.
Nel 1908 consegue la licenza ginnasiale e si iscrive al liceo Dettori di Cagliari, città dove vive presso il fratello Gennaro, segretario della locale sezione socialista. Con molti giovani del liceo Dettori, Gramsci partecipa alle “battaglie” per l’affermazione del libero pensiero e a discussioni di carattere culturale e politico. Abita in una poverissima pensione in via Principe Amedeo, poi si trasferisce in un’altra del Corso Vittorio Emanuele. A scuola si distingue tra i compagni per i suoi vivi interessi culturali, legge moltissimo (in particolare Croce e Salvemini). Rivela spiccatissime tendenze per le scienze esatte e per la matematica. Cagliari, in quel tempo, è una cittadina culturalmente vivace, dove si diffondono i primi fermenti sociali, che influiranno nella sua formazione di una ideologia socialista. Conseguita la licenza liceale, nel 1911 vince una borsa di studio e si iscrive all’università di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia. Si trasferisce a Torino. Gramsci vive i suoi anni universitari in una Torino industrializzata, dove sono già sviluppate le industrie della Fiat e della Lancia, che hanno eliminato le concorrenti più deboli. Il forte sviluppo industriale ha conferito un aspetto nuovo alla città, che intorno al 1909 ospita circa 60.000 immigrati, che lavorano nelle fabbriche. Data l’alta concentrazione operaia e il ruolo avanzato dell’industria torinese, la organizzazione sindacale costituisce, nella città, una presenza attiva e dinamica, sostenuta da un’ampia mobilitazione dal basso. Sono le iniziative di lotta nelle fabbriche che portano alla costituzione delle prime commissioni interne e alla elezione di delegati di fabbrica, che siedono, durante le vertenze, al tavolo delle trattative con i rappresentanti padronali. È in questo periodo di forti agitazioni sociali che lo studente Gramsci vive i suoi anni universitari e matura la sua ideologia socialista. Studia i processi produttivi, la tecnologia e l’organizzazione interna delle fabbriche e si impegna per far acquisire agli operai “la coscienza e l’orgoglio di produttori”. A Torino frequenta anche gli ambienti degli immigrati sardi; l’interesse per la sua terra sarà sempre vivo in lui, sia nelle riflessioni di carattere generale sul problema meridionale, sulle sue abitudini, sul linguaggio, sui luoghi e sulle persone dell’infanzia; temi ricorrenti anche negli anni della maturità.
Gli avvenimenti. L’Italia è ancora nettamente divisa tra un Nord in cui è presente un relativo sviluppo industriale e un Meridione caratterizzato dal latifondo a coltivazione estensiva. L’assetto del potere nello Stato e nella società è dunque determinato da un’alleanza tra industriali e agrari, fondata sulla politica protezionistica, che esclude ogni partecipazione al potere da parte delle masse popolari. Ma la crisi di fine secolo, con i movimenti dei fasci siciliani (1894) e l’insurrezione proletaria di Milano (1898), costringe la borghesia italiana a scendere a patti con il movimento operaio. Dall’inizio del secolo, Giolitti, che dichiara la neutralità dello Stato nei conflitti di lavoro, apre un nuovo corso politico fondato su un accordo sociale con il movimento socialista riformista. A questo accordo si oppongono l’ala rivoluzionaria del partito socialista e il movimento sindacalista rivoluzionario.
1912
In cattive condizioni economiche e di salute, Gramsci segue i corsi universitari e sostiene alcuni esami. Ha anche i primi contatti con il movimento socialista torinese.-
Gli avvenimenti. Al congresso socialista di Reggio Emilia i riformisti perdono la direzione del partito. Mussolini diventa direttore dell’Avanti!.
1913
Aderisce ad un pubblico appello contro la politica protezionistica. Probabilmente in quest’anno si iscrive alla sezione socialista di Torino.
Gli avvenimenti. Con il patto Gentiloni, i cattolici partecipano alla competizione elettorale in appoggio a Giolitti.
1914
Soffre di periodiche crisi nervose. Sostiene sul Grido del popolo le posizioni della neutralità attiva e operante in contrasto con la politica della neutralità assoluta prevalente in ambito socialista.
Gli avvenimenti. Crisi dell’Internazionale socialista e del movimento operaio europeo che non riescono a far prevalere una politica di pace. Scoppia la Prima guerra mondiale.
1915
Continua la collaborazione con Il Grido del popolo e, a dicembre, entra nella redazione torinese dell’Avanti!, organo del Partito socialista italiano. La sua attività giornalistica s’impone all’attenzione generale non solo per la qualità della scrittura, ma anche per lo spessore della ricerca culturale.
Gli avvenimenti. L’italia entra in guerra a fianco dell’intesa. Lenin lancia a Zimmerwald la parola d’ordine di “trasformare la guerra imperialista in guerra civile”.
1916
Gramsci cura la rubrica “Sotto la mole” dell’Avanti! dove si occupa di critica teatrale e di note di costume.
Gli avvenimenti. Nel movimento socialista antimilitarista (conferenza di Kientbal) si fanno strada le posizioni radicali di Lenin.
1917
Dopo la sommossa operaia di agosto, Gramsci diventa segretario della commissione esecutiva provvisoria della sezione socialista di Torino. Dirige di fatto Il Grido del popolo.
Nel febbraio del 1917 per conto della Federazione giovanile socialista piemontese esce La città futura, il cui tema di fondo é la contrapposizione tra l’ordine della società borghese e quello della società socialista; a originali articoli di teoria e di propaganda socialista si affiancavano scritti di Croce, Salvemini e A. Carlini. In questo perioda l’influenza di Croce e della polemica antipositivistica dell’idealismo italiano traspare anche nella valutazione entusiastica della rivoluzione russa del novembre 1917, interpretata come “rivoluzione contro il Capitale” (cioè contro la versione deterministica dell’opera di Marx).
Gli avvenimenti. In agosto scoppiano in Italia movimenti di protesta contro il carovita e la guerra. In Russia la rivoluzione di febbraio porta all’abdicazione dello zar Nicola II; il governo provvisorio viene rovesciato in novembre dalla rivoluzione bolscevica.
1918
Cessano le pubblicazioni del Grido del popolo (ottobre) e nasce l’edizione piemontese dell’Avanti! (dicembre), diretta da Ottavio Pastore, nella cui redazione Gramsci entra dall’inizio.
Gli avvenimenti. Finisce la guerra mondiale. Movimenti rivoluzionari in vari paesi d’Europa. In Russia la controrivoluzione si militarizza: scoppia la guerra civile.
1919
Gramsci e altri (tra cui Tasca, Terracini, Togliatti) danno vita al settimanale L’Ordine nuovo (maggio), che si schiera per l’adesione del Psi all’Internazionale comunista e in favore del movimento dei consigli di fabbrica. Nei suoi articoli Gramsci afferma che il consiglio di fabbrica deve essere eletto da tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro collocazione politica, in modo che gli operai assumano in pieno la funzione dirigente che spetta loro come “produttori”. Questa esperienza si collocava, in una prospettiva rivoluzionaria, a sinistra del movimento socialista dell’epoca, ma in consonanza con altri fermenti della cultura italiana del periodo come quelli che facevano capo al neo-liberalismo di Piero Gobetti, che giudicò infatti positivamente l’opera del gruppo.
Gli avvenimenti. La nuova legge per il suffragio universale permette al Psi e al Partito popolare di eleggere rispettivamente 156 e 100 deputati, modificando radicalmente l’assetto del potere politico. A Parigi si inaugura la Conferenza di pace. Viene fondata a Mosca la Terza Internazionale (Comintern). Il congresso socialista di Bologna delibera l’adesione alla nuova Internazionale comunista.
1920
Lo sciopero degli operai dell’industria di Torino di marzo-aprile (sciopero delle lancette) per il riconoscimento dei consigli di fabbrica apre una vivace polemica tra la direzione socialista e il gruppo dell’Ordine nuovo, le cui posizioni politiche ricevono l’approvazione di Lenin. Gramsci si avvicina alla frazione astensionista del Psi, guidata da Bordiga, che prospetta la costruzione del Partito comunista.-
Gli avvenimenti. Giolitti torna a formare il governo. In settembre lo scontro sociale porta all’occupazione delle fabbriche. La sconfitta segna l’inizio del riflusso del movimento proletario. In Russia, i bolscevichi sbaragliano definitivamente gli eserciti controrivoluzionari.
1921
Gramsci si convince che bisogna dar vita a un partito nuovo, secondo le direttive di scissione già indicate dall’Internazionale comunista. Il 25 gennaio 1921 si apre a Livorno il 17° congresso nazionale del Psi; le divergenze tra i vari gruppi: massimalisti, riformisti ecc., inducono Gramsci e la minoranza dei comunisti a staccarsi definitivamente dal Psi. Il 21 gennaio dello stesso anno, nella storica riunione di San Marco, nasce il Partito comunista d’Italia: Gramsci sarà un membro del Comitato centrale. Come organo del nuovo partito Gramsci diresse, ancora a Torino, L’Ordine Nuovo, diventato quotidiano (al quale collaborò anche come critico teatrale Gobetti). Tuttavia nei primi anni del nuovo partito la sua attività fu condizionata dalla direzione di Bordiga, che avendo organizzato una frazione nazionale prima della scissione aveva acquisito una posizione di preminenza, influenzando anche gran parte dello stesso gruppo torinese dell’Ordine Nuovo..-
Gli avvenimenti. 15 gennaio 1921: si apre a Livorno il XVII Congresso del Psi. Il 21 gennaio, da una scissione minoritaria del Psi, nasce il Partito comunista d’Italia (Pcd’I), sezione italiana della Terza Internazionale comunista. Dopo la grande paura dell’occupazione delle fabbriche, gli industriali guardano con favore al movimento fascista. Lenin lancia la Nuova politica economica.-
1922
Nel secondo congresso del Pcd’I (Roma, marzo) Gramsci sostiene le posizioni della maggioranza bordighiana, in dissenso con la politica del “fronte unico” con il Psi proposto dall’Internazionale. A maggio parte per Mosca, delegato del partito italiano nell’esecutivo dell’Internazionale e nel giugno partecipa alla conferenza dell’esecutivo allargato. Il soggiorno in Russia sarà importante sia per la sua formazione politica che per la sua vita privata, infatti Gramsci si innamora di una giovane violinista russa, Giulia Schucht che diventerà sua moglie e dalla quale avrà due figli: Delio e Giuliano. In Russia Gramsci approfondisce le sue conoscenze del leninismo e osserva gli sviluppi della dittatura del proletariato, ciò gli consente di misurare diversamente i problemi dei comunisti italiani, collocandoli in una visione di più ampio respiro. -
Gli avvenimenti. Si moltiplicano le violenze squadristiche e gli assalti alle Camere del lavoro e ai giornali antifascisti. Ulteriore scissione socialista: il congresso di Roma (ottobre) espelle i riformisti. In ottobre marcia su Roma e formazione del governo Mussolini, che in novembre ottiene pieni poteri.-
1923
L’esecutivo allargato dell’Internazionale (giugno) discute la situazione italiana e stabilisce d’autorità la formazione di un comitato esecutivo del Pcd’I maggiormente rispondente alla propria politica. Gramsci, in dissenso con le posizioni di Bordiga e favorevole a quelle dell’Internazionale (che sostiene la parola d’ordine del “governo operaio e contadino”), si fa carico della svolta (lettera di settembre per la fondazione dell’Unità). In novembre, viene inviato a Vienna per tenere i collegamenti tra il partito italiano e gli altri partiti comunisti d’Europa. Inizia, con un fitto carteggio, a ricostruire il gruppo dirigente del Pcd’I attorno a quella che era stata la redazione dell’Ordine nuovo.-
Gli avvenimenti. Nel febbraio arresto di Bordiga e di parte del comitato esecutivo del Pcd’I, che si riorganizza semiclandestinamente. Bordiga, in carcere, si schiera contro le posizioni dell’Internazionale per quanto riguarda i rapporti con il Psi. Il parlamento italiano approva la legge elettorale maggioritaria presentata dal fascista Acerbo. In Bulgaria viene rovesciato il governo di Stambolijski, leader del partito contadino.
1924
Il 6 aprile del 1924, dopo una campagna elettorale contrassegnata da violenze e intimidazioni fasciste, si svolgono le elezioni e Gramsci viene eletto deputato della circoscrizione del Veneto, quindi torna in Italia, dopo due anni di assenza e si stabilisce a Roma. In febbraio esce a Milano, su indicazione di Gramsci, il quotidiano l’Unità. Continua il lavoro per ricostruire il gruppo dirigente del partito. Gramsci entra nel comitato esecutivo del partito e viene eletto segretario generale. Partecipa all’opposizione parlamentare che si forma a seguito del delitto Matteotti e propone un appello per lo sciopero generale. In agosto nasce a Mosca suo figlio Delio. Imposta con Grieco e Di Vittorio la politica del partito verso il Mezzogiorno. In ottobre propone che l’opposizione aventiniana si costituisca in Antiparlamento e in novembre il gruppo parlamentare comunista rientra in aula.
Gli avvenimenti. Le elezioni politiche di maggio, contrassegnate da violenze e intimidazioni, assegnano il 65 per cento dei suffragi ai fascisti. In giugno viene assassinato il deputato riformista Giacomo Matteotti che aveva denunciato i brogli; ne segue una vasta ondata di proteste. In agosto il gruppo socialista che fa capo a Serrati (i “terzini”) aderisce al Pcd’I. Alla morte di Lenin, in Unione Sovietica il potere viene assunto da una direzione collegiale formata da Stalin, Trockij, Zinov’ev e Kamenev.
1925
Tra marzo e aprile partecipa a Mosca ai lavori dell’esecutivo allargato dell’Internazionale. In giugno apre la polemica con la sinistra interna al partito, guidata da Bordiga. Inizia a lavorare all’organizzazione del terzo congresso del Pcd’I.–
Gli avvenimenti. Superata la crisi Matteotti, Mussolini torna saldamente alla guida del governo. Vengono abolite le commissioni interne e soppressa la libertà sindacale.
1926
In gennaio si svolge a Lione il terzo congresso del Pcd’I: le tesi politiche, stese da Gramsci e Togliatti, vengono approvate con una maggioranza che supera il 90 per cento. La linea di Gramsci, che raccolse intorno a sé un nuovo gruppo dirigente “centrista,” prevalse terzo congresso del Partito comunista d’Italia; alcuni mesi dopo però i suoi rapporti con l’Internazionale comunista subirono una prima incrinatura, con la sua iniziativa di scrivere una lettera allarmata al Comitato centrale del Partito bolscevico per le divisioni interne a quel partito. Pur dando torto all’opposizione la lettere conteneva anche riserve sui metodi della maggioranza (Stalin-Bucharin), e per questo motivo Togliatti, allora rappresentante a Mosca dei comunisti italiani, ritenne opportuno non inoltrarla ufficialmente. Ne nacque una vivace polemica personale tra Gramsci e Togliatti, rilevante soprattutto per l’insistenza da parte del primo sulla necessità di “richiamare alla coscienza politica dei compagni russi, e richiamare energicamente, i pericoli e le debolezze che i loro atteggiamenti stavano per determinare.” In agosto nasce Giuliano, il secondogenito di Gramsci. L’8 novembre, a seguito delle leggi eccezionali del regime fascista contro gli oppositori, Gramsci viene arrestato, con gran parte del gruppo dirigente comunista e, nonostante l’immunità parlamentare, è rinchiuso a Regina Coeli. Al processo, tenuto a Roma nel maggio-giugno 1928, fu condannato a oltre vent’anni di reclusione. Il 18 novembre Gramsci è assegnato al confino per cinque anni a Ustica, dove giunge dopo soste nelle carceri di San Vittore a Milano e in quelle di Napoli e di Palermo. A Ustica abita in una casa privata con altri condannati politici con i quali organizza corsi di cultura differenziati a seconda del grado di preparazione dei partecipanti, allo scopo di educare i proletari, per i quali è un dovere, dice, non essere ignoranti, se vogliono essere protagonisti della politica e creatori di una nuova società. Per espiare la pena, Gramsci è poi destinato alla casa penale di Turi (Bari): vi rimane fino al dicembre 1933.
Gli avvenimenti. In Italia vengono sciolti i partiti di opposizione; vengono istituiti il confino di polizia e il Tribunale speciale. La Camera dichiara decaduti i deputati aventiniani. In Unione sovietica Stalin riesce a isolare Trockij e Zinov’ev.-
1927
Trasferito dal febbraio nel carcere di San Vittore a Milano, in attesa del processo, inizia a progettare uno studio di ampio respiro sugli intellettuali italiani. Il 28 maggio inizia il processo e il 4 giugno viene emessa la condanna a vent’anni quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Poiché soffre di emicrania cronica viene destinato alla casa penale di Turi ed è messo in una cameretta con altri cinque detenuti politici.
Gli avvenimenti. Con la Carta del lavoro il fascismo enuncia i principi dello Stato corporativo. Il X congresso del Pcus espelle Trockij, Zinov ‘ev e Kamenev; inizia la politica dell’industrializzazione forzata. -
1928
Alla fine di maggio, a Roma, Gramsci è processato. Il 4 giugno viene emessa la sentenza: come accennato, è di venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione. In luglio Gramsci raggiunge il carcere di Turi.
Gli avvenimenti. Il Gran consiglio del fascismo diviene organo dello Stato. Il VII congresso dell’Internazionale lancia la parola d’ordine dell’intensificazione della lotta alla socialdemocrazia.-
1929
In febbraio, nel carcere di Turi, Gramsci, ottenuto il permesso di scrivere in cella, inizia la stesura dei Quaderni dal carcere: saranno 21 nel 1933, quando lascerà Turi per Civitavecchia e complessivamente 33 nel 1937.
Gli avvenimenti. Patti lateranensi tra Italia e Vaticano. In Unione Sovietica Bucharin si oppone alla politica di collettivizzazione forzata e viene rapidamente emarginato da Stalin. Il X plenum dell’Internazionale enuncia la teoria del social-fascismo. Crollo della borsa di New York: inizia la grande depressione.
1930
Emergono dissensi con altri detenuti comunisti sulla politica da seguire dopo la caduta del fascismo: Gramsci sostiene la necessità di una fase democratica e propone la parola d’ordine della Costituente.
Gli avvenimenti. La grande depressione colpisce anche l’Italia. Il Pcd’I, sulla base dell’analisi dell’Internazionale che ritiene in crisi il regime, fa rientrare decine di quadri in Italia. -
1931
Nel 1931 Gramsci è colpito da una grave malattia, perciò il fratello Carlo ottiene che sia messo in una cella individuale, dove Gramsci cerca di organizzarsi una vita “normale”, fatta di studio, di riflessione, di elaborazione teorica del suo pensiero politico e sociale, di affetti e di ricordi, sforzandosi di restare a contatto con i suoi familiari e con la realtà. Peggiorano le condizioni di salute: in agosto Gramsci ha un’improvvisa emorragia.
Gli avvenimenti. Viene rapidamente smantellata dalla polizia la rete clandestina del Pcd’I. Vittoria elettorale repubblicana in Spagna. -
1932
Non ha esito il progetto di uno scambio di prigionieri politici, che avrebbe incluso anche Gramsci, tra l’Italia e l’Unione Sovietica.
Gli avvenimenti. Condonato alla Germania il debito di guerra. Salazar assume la guida del governo portoghese. Roosevelt promuove negli Usa il regolamento dell’economia.-
1933
In marzo, seconda grave crisi delle condizioni di salute di Gramsci. In novembre viene trasferito nell’infermeria del carcere di Civitavecchia e da qui, in dicembre, nella clinica del dottor Cusumano a Formia.
Gli avvenimenti. In Italia viene creato l’Iri. I nazisti assumono il potere in Germania. In Unione Sovietica viene varato il secondo piano quinquennale.-
1934
Riprende la campagna per la liberazione di Gramsci. In ottobre viene accolta la richiesta per la libertà condizionale.
Gli avvenimenti. Patto di unità d’azione tra Pci e Psi. In Germania Hitler assume la carica di capo dello Stato. In Unione Sovietica Zinov’ev e Kamenev vengono processati per tradimento: iniziano le grandi purghe.
1935
In giugno nuova crisi e aggravamento delle condizioni di salute di Gramsci. In agosto viene trasferito nella clinica “Quisisana” di Roma.
Gli avvenimenti. L’Italia invade l’Etiopia. Leggi antisemite in Germania. L’Internazionale adotta la tattica dei fronti popolari. -
1936
Lo stato di prostrazione fisica impedisce a Gramsci di lavorare ai Quaderni.
Gli avvenimenti. Dopo la conquista dell’Etiopia, l’Italia proclama l’impero. Le sinistre vincono le elezioni in Francia e in Spagna; qui le forze reazionarie rispondono con un pronunciamento militare: è la guerra civile.
1937
Terminato il periodo di libertà condizionale, Gramsci riacquista la piena libertà, ma è in clinica ormai morente. Muore per emorragia cerebrale il 27 aprile. Il giorno seguente si svolgono i funerali. Le sue ceneri vengono inumate al cimitero del Verano a Roma e trasferite, dopo la Liberazione, al Cimitero degli Inglesi.- La sua vita in carcere era stata anche amareggiata dai difficili rapporti stabilitisi con il partito che aveva diretto prima dell’arresto. In disaccordo con la linea politica adottata alla fine del 1929 su pressione del Komintern, allora in lotta non solo con il fascismo ma anche con la socialdemocrazia (definita come “socialfascismo”), si era trovato, come si è detto, in aperto conflitto con la maggioranza degli altri comunisti detenuti a Turi, e ciò lo aveva indotto a fare del suo isolamento la forma esclusiva della propria esistenza. Si spiega così perché la sua situazione non sia stata allora posta in discussione negli organi dirigenti operanti in esilio, con i quale i suoi rapporti furono sempre indiretti (con la mediazione dell’amico economista Sraffa che lavorava a Cambridge). Tuttavia dopo il 1934, con l’abbandono della propaganda sul “socialfascismo” e il prevalere della politica di unità antifascista, furono intensificate le campagne di stampa internazionali per chiedere la sua liberazione.
Gli avvenimenti. Crisi del governo di fronte popolare in Francia. Si internazionalizza la guerra civile spagnola. L’Italia aderisce al patto anti Comintern con Germania e Giappone. In Unione sovietica vengono accusati di tradimento e fucilati Radek e Tukacevskij.

venerdì 26 aprile 2013

Aldrovandi, mai più in divisa i poliziotti “Licenziamo i poliziotti assassini di Federico Aldrovandi”


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Il rientro in divisa per gli agenti che hanno ucciso lo studente ferrarese è previsto tra otto mesi. Ma potrebbe avvenire addirittura prima
Se l’è cavata con sei mesi di sospensione dal servizio. Come gli altri suoi tre colleghi condannati in via definitiva a tre anni e mezzo (ridotti a sei mesi a causa dell’indulto) per aver provocato la morte di Federico Aldrovandi, il diciottenne picchiato durante un controllo di polizia a Ferrara il 25 settembre 2005. 
Ma Monica Segatto deve avere giudicato eccessiva quella sanzione inflitta a lei e agli altri tre poliziotti autori del pestaggio dalle commissioni disciplinari del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. 
Così si è rivolta al Tar per chiedere che venga annullata anche quella sospensione semestrale. Lo stop dovrebbe scattare a giugno, quando i quattro agenti avranno finito di scontare la condanna per omicidio colposo. 
Il rientro in divisa è previsto per l’inizio del 2014. O addirittura prima, se il Tar dovesse accogliere il ricorso della poliziotta. 
A più riprese Patrizia Moretti, madre di Federico, ha invocato il licenziamento dei condannati dalla polizia. Il regolamento del Viminale però, in caso di condanne per reati colposi, prevede al massimo una sospensione.
Una petizione online chiede che i quattro agenti condannati in via definitiva per la morte del giovane Federico Aldrovandi - Enzo Pontani, Monica Segatto, Paolo Forlani e Luca Pollastri – siano espulsi dalla polizia di stato
 Il 21 giugno 2012 la Cassazione si è espressa in modo definitivo sul caso di Federico Aldrovandi, il diciottenne ucciso durante un controllo di Polizia all’alba del 25 settembre del 2005 a Ferrara. La Corte ha confermato la condanna dei quattro poliziotti per eccesso colposo in omicidio colposo riprendendo così le sentenze di primo e secondo grado.
Alla luce della sentenza, chiediamo:
che i quattro poliziotti, condannati ora in via definitiva, vengano estromessi dalla Polizia di Stato, poiché evidentemente non in possesso dell’equilibrio e della particolare perizia necessari per fare parte di questo corpo; che venga stabilito in maniera inequivocabile che le persone condannate in via definitiva, anche per pene inferiori ai 4 anni, siano allontanate dalle Forze dell’Ordine, modificando ove necessario le leggi e i regolamenti attualmente in vigore; che siano stabilite, per legge, modalità di riconoscimento certe degli appartenenti alle Forze dell’Ordine, con un numero identificativo sulla divisa e sui caschi o con qualsivoglia altra modalità adeguata allo scopo; che venga riconosciuto anche in Italia il reato di tortura – così come definita universalmente e identificata dalle Nazioni Unite in termini di diritto internazionale – applicando la Convenzione delle Nazioni Unite del 1984 contro la tortura e le altre pene o trattamenti inumani, crudeli o degradanti, ratificata dall’Italia nel 1988.
La petizione si può firmare a questo link: http://bit.ly/15JpzJX


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martedì 23 aprile 2013

"Noi per sempre al fianco della famiglia Aldrovandi"

Cerimonia a Palazzo D’Accursio mentre in piazza la curva dello stadio aspettava solidale Patrizia Moretti
Alla fine l’ha applaudita anche la Lega che aveva contestato la proposta di cittadinanza onoraria. Patrizia Moretti, da oggi cittadina onoraria di Bologna, ha dedicato il riconoscimento a tutti «coloro che mi hanno accompagnato in questi anni nella ricerca di verità e di giustizia». «Un segno di speranza affinché le istituzioni si facciano carico dell’esigenza di giustizia dei cittadini».
Trattenuta dal giuramento di Napolitano, la ministra Anna Maria Cancellieri (che qui a Palazzo D’Accursio è stata commissario prefettizio dopo le dimissioni di Delbono) non è arrivata a Bologna per consegnare la pergamena ma ha mandato un messaggio. «Mi aspetto dalla Cancellieri che queste persone condannate non indossino più la divisa», ha ripetuto Patrizia Moretti all’uscita. Con lei il figlio Stefano e il padre di Federico, Lino Akdrovandi. Anche lui dice: «Hanno ammazzato un bambino, un bambino. Vanno allontanati dalla polizia».
«Il consiglio comunale e la città si sentono rappresentati dalla dignità con cui Patrizia Moretti ha preteso la verità», ha ricordato il sindaco Virginio Merola.
Così, dopo le polemiche di qualche settimana fa, oggi il Consiglio comunale ha conferito la cittadinanza onoraria di Bologna a Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, il 18enne di Ferrara ucciso nel 2005 durante un controllo violentissimo di Polizia in parte ancora misterioso. Fuori da Palazzo D’Accursio si sono radunati, per l’occasione, anche una cinquantina di tifosi del Bologna calcio e della Fossa dei leoni della Fortitudo, che hanno srotolato un enorme striscione con scritto: “Noi per sempre al fianco della famiglia Aldrovandi”. Si tratta dello stesso striscione che i tifosi della curva Andrea Costa avevano esposto, allo stadio, la domenica successiva al presidio di solidarietà ai poliziotti condannati promosso dal sindacato Coisp, a Ferrara, proprio sotto l’ufficio dove lavora Moretti. Una provocazione che, 48 ore dopo, ebbe in risposta una pacifica invasione della stessa piazza da parte di migliaia di cittadini indignati con il piccolo sindacato che cercava di bucare gli schermi con un’iniziativa così discutibile da essersi attirata gli strali dell’intera galassia dei sindacati del comparto ed essere costata il posto al questore che l’autorizzò.
«Intorno a me, in tutti questi anni, si è creato un movimento – sono le parole della mamma di Aldro – persone che con ogni strumento e forma, fosse un documentario e un messaggio, una canzone o uno striscione allo stadio, mi hanno dimostrato solidarietà e sostegno morale. Questa onorificenza la dedico a tutti loro, la considero un riconoscimento diffuso per tutte quelle persone che mi hanno accompagnato in questa lotta per chiedere giustizia». Per un lungo periodo «abbiamo avuto lo Stato contro, quelle indagini che avrebbero dovuto essere fatte nella Questura di Ferrara per un periodo molto lungo non sono state fatte. Ci sono delle responsabilità vere, oggettive, che vorrei non dovessero essere più a carico dei cittadini, le istituzioni stesse dovrebbero autotutelarsi». Dunque l’indecorso spettacolo offerto il 3 aprile scorso dai consiglieri della Lega e del Pdl contro questa madre-coraggio, non ha fermato l’iniziativa intrapresa dalla maggioranza di Palazzo D’Accursio. Allora Patrizia ebbe a dire: «Mi dispiace davvero. Non credo che questa sia una forzatura di carattere politico, e’ un’iniziativa civile, sociale che non dovrebbe essere oggetto di bagarre politica». Bologna, per Patrizia, ha un valore fondamentale: «proprio qui ci hanno dato i primi spazi, le prime opportunità per parlare della vicenda», ha detto Moretti, ricordando in particolare la prima iniziativa in assoluto, promossa dallo scrittore Stefano Tassinari con Carlo Lucarelli, Dean Buletti di Chi l’ha visto e con Cinzia Gubbini e il vostro cronista, oggi entrambi a Popoff, ma all’epoca redattori del manifesto e di Liberazione.

mercoledì 17 aprile 2013

Quadraro 17 aprile 1944 - Giorgio

Il rastrellamento del Quadraro a Roma, il 17 aprile del 1944, nel racconto di Giorgio Giovannini, deportato in Germania all'età di 16 anni.

sabato 13 aprile 2013

VALLUCCIOLE - Erano alberi rami e foglie

Il 13 Aprile 1944 la barbarie nazi-fascista si abbattè sulla piccola frazione di Vallucciole,nel comune di Stia (AR).
Nell'abitato e nei dintorni furono vigliaccamente trucidati centinaia di civili inermi,uomini,donne,bambini e l'inaudita ferocia dei carnefici non ebbe pietà nemmeno dei neonati.
Perchè erano alberi,rami e foglie che non si volevano piegare ed in memoria delle vittime innocenti di questa e delle innumerevoli altre stragi perpretate allora da masnade di vigliacchi assassini,un ricordo commosso,per non dimenticare...mai!

venerdì 12 aprile 2013

In Grecia la polizia tortura


Pestaggi, stupri, bastinado, tazer, bruciature con le sigarette, umiliazioni, uso obbligatorio di materiale genetico, sequestro di studenti…
I corpi che vengono torturati, maltrattati, umiliati cambiano: manifestanti, migranti, detenuti, prostitute e perfino minori; in strada, nelle celle delle caserme di polizia, nei centri di detenzione. Le mani, però, sono sempre le stesse: quelle della polizia. La maggior parte di questi incidenti non vengono denunciati ufficialmente, o si indaga in modo velato, e i responsabili non vengono puniti. Ma davvero c’è qualcuno che crede ancora che questi incidenti siano un caso isolato?
Neanche il ministero dell’ordine pubblico è riuscito a trattenersi dal pubblicare le foto dei quattro anarchici arrestati a Kozani il 1.2.2013, con i volti di tre di questi deformati dal pestaggio, sostenendo ufficialmente nella sua relazione “che è stata usata la violenza legale e necessaria”.
Gli stessi arrestati, attraverso i loro difensori e genitori, hanno denunciato di essere rimasti per ore legati con le mani dietro, con I cappucci sulla testa, mentre i poliziotti li picchiavano a turno! L’ovvia manipolazione delle foto non è bastata a nascondere l’orrore (o forse non l’hanno proprio voluto?). Sui TG la notizia veniva trasmessa senza essere commentata. Così come non era stata commentata la notizia delle torture nella Direzione Centrale della Polizia di Attica (GADA) dei 15 manifestanti della ronda antifascista, che ha assunto le sue vere dimensioni soltanto dopo essere stata pubblicata dai mezzi di informazione internazionali. Così come sono rimasti nel buio una serie di casi: del migrante torturato nella caserma di polizia a Egaleo, del minore detenuto nel centro di detenzione di Amygdaleza che ha subìto la rottura della milza a causa del pestaggio, dello stupro con un manganello di un altro migrante nella sede della guardia costiera di Chania (Creta), insieme a moltissimi altri.
Da cittadini di questo paese non ci preoccupiamo solamente. Il tempo è passato. È arrivato il momento di parlare, di dichiarare pubblicamente che non permetteremo che la Grecia diventi un’estensione di Guantanamo. Non torneremo ai metodi dei regimi dittatoriali. Le torture costituiscono un reato che viene punito come un crimine.
Non ci abitueremo all’orrore della trasmissione di tali pratiche, non ci abbandoneremo alla paura che essa lascia come messaggio alla società.
Non permetteremo questa barbarietà e la sua impunità.
***Movimento contro l’arbitrarietà della polizia e le torture
Fonte: left
Traduzione di Atene Calling
Qui un video del Comitato Greco contro la Tortura: http://greek-committeeagainsttorture.blogspot.gr/

venerdì 5 aprile 2013

Giulia Tripoti "questa valle che resiste"

Giulia Tripoti "questa valle che resiste"
musica e testo di Giulia tripoti
dedicato a tutti gli uomini e le donne che ogni giorno lottano per difendere la Val di Susa da quel progetto mafioso chiamato tav... la nuova resistenza parte da quelle montagne!

giovedì 4 aprile 2013

Giuseppe Uva, la giustizia rovesciata


Indagine bis su carabinieri e polizia senza risultati. La procura di Varese indaga la sorella Lucia e querela per diffamazione gli autori del documentario “Nei secoli fedele”.
Per la procura la colpa è sempre dei medici: Giuseppe Uva morto per un caso di malasanità. Dopo l’assoluzione di Carlo Fraticelli, adesso altri due dottori rischiano il rinvio a giudizio, mentre l’indagine bis su carabinieri e polizia – che nella notte tra il 14 e il 15 giugno 2008 trattennero Giuseppe e il suo amico Alberto Bigiogero per una notte intera – si è conclusa con un clamoroso nulla di fatto: nessun addebito agli uomini in divisa, tra le quattro mura della caserma di Varese non è successo nulla, le urla e il rumore delle botte non vogliono dire niente, assolutamente niente. Un mare di fango che schizza, con il pm Agostino Abate che ha iscritto nel registro degli indagati Lucia Uva e un giornalista delle Iene, Mauro Casciari, “colpevoli” di aver diffamato l’Arma e la polizia. Decisione presa in seguito a una denuncia sporta dall’avvocato Luca Marsico, consigliere regionale del Pdl. Ma non basta. Le indagini non sono finite e nel mirino adesso ci sono finiti pure gli autori del documentario “Nei secoli fedele”, che ricostruisce tutto il caso con interviste e materiale giudiziario: Adriano Chiarelli – scrittore, documentarista e collaboratore di Contropiano – e il regista Francesco Menghini. «La notizia non ci sorprende – dice adesso Chiarelli -, vista la piega che stanno prendendo gli eventi. A finire sul banco degli imputati, ancora una volta, saranno coloro che si battono in difesa della giustizia e della legalità, e non i diretti interessati. È accaduto con Patrizia Moretti, sta accadendo con Lucia Uva e di conseguenza con noi». La tremenda sensazione di giustizia mancata si somma ora al rammarico per un rovesciamento totale della vicenda: chi cercava la verità diventa colpevole e chi ha fatto di tutto per insabbiare la vicenda è una vittima. La colpa – se esiste – diventa dell’ospedale, che avrebbe sbagliato la somministrazione di alcuni medicinali a Giuseppe Uva, ma «io ho visto tanto sangue. Mille perizie dimostrano che i dottori non c’entrano», dice la sorella Lucia. A nulla è servita la sentenza del giudice Orazio Muscato, che chiedeva alla procura di indagare meglio sui fatti avvenuti in caserma. Per il pm Agostino Abate carabinieri e polizia hanno semplicemente fatto il proprio dovere. E allora è tutta colpa di Lucia e dei suoi “compari”, trattati malissimo e derisi dall’accusa per tutto il processo di primo grado a Fraticelli, tanto che nella sentenza di assoluzione, il giudice non può non sottolineare che «L’esame del pm è stato nel complesso effettivamente condotto con toni e modalità tali da indurre l’esaminato (nel caso, i periti) in stato di soggezione, con ripetuti interventi del Tribunale tesi a ricondurlo nell’alveo delle regole proprie della normale dialettica processuale, a fronte delle lamentazioni avanzate dagli stessi periti di venire sostanzialmente derisi dal pm». Una lotta senza quartiere ormai per arrivare a una verità che ormai sfugge solo alla procura di Varese. «Se i rappresentanti della giustizia intendono perseguire coloro che chiedono la verità – l’amarissima conclusione di Chiarelli -, facciano pure. Siamo disponibili fin da subito a essere interrogati e a mettere a disposizione tutto ciò di cui siamo venuti a conoscenza durante la permanenza a Varese». La polemica infinita e, a tratti, pretestuosa, portata avanti da chi dovrebbe lavorare per la giustizia rischia di far scivolare l’intera vicenda verso l’oblio della prescrizione: la vicenda si trascina da quasi cinque anni e, nei tribunali, il tempo ha il potere di spazzare via ogni cosa. Rimangono alcuni particolari: i vestiti di Giuseppe sporchi di sangue, le fotografie che mostrano un uomo massacrato, pieno di lividi. Torturato. E una telefonata, quella fatta da Bigiogero al 118, nella notte più lunga della sua vita, l’ultima del suo amico Pino. «118…» «Posso avere un’auto-lettiga qui alla caserma di via Saffi?…» «Sì, cosa succede?» «Praticamente stanno massacrando un ragazzo…» «In caserma?» «Eh, sì…» «Ho capito… Va bene… Adesso la mando»

Earth from Orbit. The best views of our planet from space in 2012


4 aprile 1944 entra in funzione il forno crematorio alla Risiera di San Sabba




Il crematorio fu testato il 4 Aprile 1944 con l’incinerazione di 70 corpi. Dal 20 Ottobre 1943 fino all’inizio del 1945 circa 25,000 partigiani ed Ebrei furono interrogati e torturati all’interno del campo. 3,000 – 5,000 di loro vennero uccisi, mediante fucilazione, percosse, o nei furgoni a gas.
Lo staff di Globocnik consisteva principalmente di Tedeschi. Dall’ Ottobre 1943 al Maggio 1944 l’SS-Obersturmbannführer Christian Wirth fu comandante del campo. In seguito alla sua uccisione da parte dei Partigiani il 26 Maggio 1944, l’SS-Obersturmbannführer Dietrich Allers divenne il comandante fino alla dissoluzione del campo nell’Aprile 1945.
Nel tardo Aprile 1945 i partigiani jugoslavi si prepararono a conquistare Trieste. Di conseguenza, il 29 Aprile i Tedeschi fecero saltare in aria la ciminiera e il crematorio, allo scopo di nascondere le tracce dei loro crimini. Il personale tedesco fuggì. Alcuni di essi furono condannati in contumacia, ma mai furono portati davanti ad un tribunale in un “Processo della Risiera di San Sabba”.
Il processo per i crimini commessi alla Risera di San Sabba iniziò il 16 febbraio 1976 davanti alla Corte d’Assise di Trieste presieduta da Domenico Maltese; giudice a latere fu Vincenzo D’Amato, pubblico ministero Claudio Coassin. Gli avvocati coinvolti nel processo furono 30, in rappresentanza di 60 parti civili. La gabbia degli imputati rimase vuota in quanto i due imputati non poterono venire estradati dato che gli accordi italo-tedeschi prevedevano tale istituto solo per i crimini commessi dopo il 1948, senza contare che uno – Augusti Dietrich Allers – morì nel 1975. L’altro, Joseph Oberhauser, continuò a vivere indisturbato a Monaco lavorando in una birreria fino alla morte avvenuta nel 1979. Hans Dietrich Allers (1910-1975), avvocato, iscritto al Partito nazionalsocialista tedesco e membro delle SS, aveva partecipato come militare (51º Reggimento di Fanteria) alla guerra in territorio francese (1940) e poi nel territorio del Governatorato Generale di Polonia. Per alcuni mesi aveva lavorato alla Cancelleria del Führer, come giurista, e dal 1941 fu attivo a Berlino, nella Tiergartenstrasse 4 (sede dell’Aktion T4, programma di sterminio sistematico di disabili nel III Reich che determinò la morte di 80.000 persone). Giunse a Trieste nella primavera del 1944, quale Comandante dell’Einsatzkommando Reinhard, in sostituzione di Christian Wirth, ucciso dai partigiani. Joseph Oberhauser (1915-1979) giunse a Trieste nel settembre 1943, con il grado di sottufficiale, ottenuto per l’attività svolta nel Lager di Belzec (Polonia) quale membro dell’Einsatzkommando Reinhard, addetto all’eliminazione di ebrei. In precedenza aveva lavorato nelle località di Grafeneck, Brandenburg e Bernburg, centri destinati all’eutanasia (Aktion T4). A Trieste divenne comandante della Risiera di San Sabba in sostituzione di Gottlieb Hering.
Davanti alla Corte sfilarono 174 testimoni, i sopravvissuti alla Risiera di San Sabba e i parenti delle vittime, costituitesi parte civile; cinque storici: Enzo Collotti, Tone Ferenc, Mario Pacor, Galliano Fogar e Teodoro Sala. Le deposizioni dei membri dell’Einsatzkommando Reinhard, acquisite dai giudici tedeschi in Germania, vennero lette in aula per la loro rilevanza processuale.
Il 29 aprile 1976 la Corte emise la sentenza: il procedimento contro Dietrich Allers venne dichiarato nullo per avvenuta morte dell’imputato, mentre Joseph Oberhauser fu condannato all’ergastolo in contumacia. La condanna venne confermata dalla Corte d’appello nel 1978.