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martedì 20 novembre 2018

Italia: 828 “reati di odio” nel 2017 secondo Osce/Odihr

Casa originale dell'articolo Cronache di ordinario razzismo http://www.cronachediordinariorazzismo.org/italia-828-reati-di-odio-nel-2017-secondo-osce-odihr/
Il 16 novembre, in occasione della Giornata Internazionale della tolleranza, dichiarata dall’UNESCO nel 1995 per ricordare i principi ispiratori della Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, OSCE/ODIHR ha reso pubblici i dati del 2017 sui cosiddetti reati d’odio, noti anche come “hate crimes” in 39 paesi del mondo, compresa l’Italia (come riportato nella guida dell’OSCE “Perseguire Giudizialmente i Crimini d’Odio”, pubblicata nel 2016, “il pregiudizio verso un gruppo, la motivazione basata sul pregiudizio, ovvero la bias motivation, è l’elemento che contraddistingue i reati ispirati dall’odio dagli altri reati e li rende un fenomeno che desta particolare preoccupazione per le autorità nazionali e le Organizzazioni Internazionali). Di questi, 34 i paesi che hanno fornito delle statistiche ufficiali, mentre 23 quelli che hanno fornito dati delle forze dell’ordine, disaggregati in base alle motivazioni del crimine.
Queste cifre ufficiali sono integrate e completate, poi, dalle relazioni prodotte da 124 gruppi della società civile (includendo fra questi, oltre alle numerose associazioni anche le informazioni prodotte dalla Santa Sede, dall’UNHCR, dall’IOM e dalle missioni OSCE), che coprono 47 Stati partecipanti.
I dati sugli incidenti riportati e raccolti da tutte queste fonti possono essere cercati, filtrati e scaricati in modo completo sul sito dell’ODIHR per paese, per motivazione di pregiudizio e per tipo di incidente.
In Italia, nel 2017, i reati di odio comunicati a Odihr dalle Forze dell’ordine sono 1048 (in costante aumento dal 2013 in poi, in particolare con una variazione accentuata proprio fra il 2016 e il 2017), dei quali ben 828 (quasi raddoppiati rispetto al 2016) sono quelli che hanno alla base un movente razzista e xenofobo (79% sul totale dei casi riportati). A questi si aggiungono i 96 incidenti di matrice razzista segnalati dalla società civile.
Tra i reati di matrice razzista, destano una particolare preoccupazione i casi di l’incitamento all’odio (ben 337 casi riportati in Italia nel 2017) e le violenze fisiche (117 i casi rilevati).
ODIHR ricorda che i dati relativi ai reati d’odio in Italia, raccolti dalle autorità preposte in applicazione della legge e dal Ministero dell’Interno, non sono disponibili pubblicamente e non sono facilmente accessibili. Inoltre, osserva che l’Italia non ha riferito (come numerosi altri stati EU, fra i quali Francia e Germania) il numero di procedimenti giudiziari e di informazioni sui casi di reato di odio già condannati. Fa eccezione il Regno Unito, che con puntualità e precisione riporta anche il numero di procedimenti e sentenze (su 95552 casi riportati dalle forze dell’ordine, 14535 sono i reati perseguiti sul piano giudiziario e 11987 si sono conclusi con una sentenza).
La sottostima del fenomeno razzista, tuttavia, come anche noi abbiamo spesso sottolineato, è la lente attraverso la quale leggere questi dati. Innanzitutto, molte vittime non si fanno avanti per denunciare i reati d’odio, per una serie di motivi, che vanno dalle barriere linguistiche alla sfiducia nelle autorità o per paura di ulteriori aggressioni e violenze. In secondo luogo, i dati indicano che non tutti gli incidenti segnalati alle autorità sono riconosciuti come potenziali reati di odio razzista, o registrati e trattati come tali. Infine, è spesso difficile rintracciare e seguire i casi di reati di odio in tutte le fasi, dalla denuncia alla condanna, a causa di diverse procedure di registrazione o classificazione (ad esempio, le forze di polizia possono utilizzare definizioni diverse rispetto ai pubblici ministeri).
Per aiutare tutti gli Stati europei a cogliere meglio queste difficoltà, l’ODIHR ha pubblicato anche una metodologia (ad integrazione del programma INFAHCT – Information Against Hate Crimes Toolkit) su come condurre indagini sulla “vittimizzazione”, che possono aiutare a mappare il livello dei differenti reati di odio non dichiarati e le esperienze dirette che le vittime hanno avuto con organismi di giustizia quando sono riusciti a sporgere denuncia.

A Milano il 1° dicembre manifestazione regionale contro i CPR e il DL Salvini

Sabato 1° dicembre manifestiamo contro la chiusura del centro di accoglienza di via Corelli, che lascia sulla strada i suoi abitanti e senza lavoro i suoi operatori, e la minaccia di trasformarlo nuovamente in un centro di detenzione per migranti.
Punire col carcere una persona non per le azioni che ha commesso, ma per una condizione che non ha scelto come la nazionalità, è un orrore giuridico che distrugge i principi di eguaglianza davanti alla legge e di responsabilità personale; eppure da quando nel 1998 la legge Turco-Napolitano introdusse per la prima volta la detenzione amministrativa, cioè non conseguente a fatti penali, questo orrore è realtà anche nel nostro paese.
Vent’anni dopo, è doveroso chiedersi che frutti ha portato la scelta di una politica di chiusura, basata sulla finzione della gestione dei flussi migratori e il controllo poliziesco delle persone migranti: ha davvero messo sotto controllo le migrazioni? Aumentato il benessere degli e delle abitanti di questo paese? Reso più giusta e salda la costruzione europea? Fermato la minaccia del terrorismo o l’emergere del razzismo?
Sono stati invece vent’anni di trattamenti inumani e degradanti. Questo lo attestano anche le due condanne della Corte Europea per i Diritti Umani e la recentissima denuncia del garante per i detenuti, nonché le rivolte e i gesti di protesta spesso estremi, come ad esempio le bocche cucite col fil di ferro al CIE di Roma.
Purtroppo l’indignazione pubblica non ha avuto come conseguenza dei reali cambiamenti. È ora di affrontare la realtà: questa politica di gestione dell’immigrazione, perseguita a livello italiano ed europeo da governi di diverso colore politico con ostinata miopia, è stata un totale fallimento.

In questo senso riteniamo che gli ex CIE, ribattezzati dallo scorso governo CPR, siano la punta dell’iceberg di un insieme di leggi liberticide che si sono dimostrate un totale fallimento da qualsiasi prospettiva le si voglia affrontare. Il recente decreto Salvini si pone in continuità con quanto compiuto negli scorsi vent’anni, alimentando il circuito negativo che relega oggi centinaia di migliaia di persone al di fuori di uno stato di diritto, precarizzando ulteriormente la vita di chi è immigrato in Italia con quella che di fatto è la negazione di diritti che dovrebbero essere garantiti dalla costituzione a tutti coloro che vivono in Italia.

Per riaprire una via verso un futuro di pace e benessere per il nostro paese e per l’Europa intera non c’è altra via che ribaltare il piano di discussione pubblica attorno alle migrazioni, che tra talk show televisivi, social network e una sfrontata retorica xenofoba e razzista di molti leader politici italiani ed europei ha creato il mostro che oggi ci ritroviamo ad affrontare. Quello che sta accadendo sulla pelle degli immigrati oggi non è nient’altro che un trampolino di lancio per quello che un domani potrà essere applicato a tutti e tutte.
Cambiamo questo approccio ora, partendo dall’apice di tutte le contraddizioni, impedendo che queste carceri per innocenti vengano riaperte e facendo chiudere quelle esistenti. L’indignazione non basta più: il 1° dicembre invitiamo tutte le associazioni, i cittadini, i comitati, i collettivi, i sindacati e i partiti a partecipare a una grande manifestazione che, partendo da piazza Piola, termini di fronte a quello che vogliono trasformare in Lager.
#maipiùlager #nocpr #refugeeswelcome #nooneisillegal #pontinonmuri #restiamoumani