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martedì 18 dicembre 2012

Just about my fingers Official Trailer



un documentario di PAOLO MARTINO montaggio MATTEO CUSATO immagini DARIO CESTARO suono NICOLA TURRIZIANI musiche FABIO GRANDE, KALIBE' assistente FRANCESCO VECCHIO supervisione GIULIO CANTAGALLO traduzioni GIULIA COVARINO, BEATRICE ANDRE

A lungo "sorella minore" delle rotte migratorie nordafricane, la Grecia è oggi il principale punto di accesso all'Unione europea per rifugiati e richiedenti asilo diretti in Europa.

Migliaia di viaggiatori clandestini vivono ad Atene, Patrasso e Igoumenitsa in attesa di attraversare l'Adriatico nascosti in un rimorchio o a bordo di un gommone. Anche su chi riesce a raggiungere le coste italiane incombe però una inquietante minaccia: è il Regolamento di Dublino, la norma europea che permette di trasferire i richiedenti asilo nuovamente in Grecia.

Just About my Fingers racconta la vita dei "ragazzi delle reti", giovani costretti a spendere i loro migliori anni a caccia del sogno chiamato "Europa".

sabato 15 dicembre 2012

venerdì 14 dicembre 2012

PERDRE UN ULL / PERDER UN OJO




Ester Quintana, 42 anni, ha perso un occhio dall’impatto di un proiettile sparato dalla Mossos d’Esquadra (la polizia anti-sommossa Catalana) durante lo sciopero generale del 14 Novembre nella città di Barcellona. La sua versione contraddice frontalmente le dichiarazioni del ministro per gli Affari Interni Catalano, Felip Puig.
Il vostro contributo è molto importante per Ester: Se siete stati nella zona di Passeig de Gràcia tra la Gran Via e da Plaza Catalunya (calle Casp) il 14 novembre dalle 20.30 alle 21.00 circa (ora locale), o avete visto qualcosa di rilevante per il caso da una finestra o dal balcone di un appartamento, siete pregati di contattare Ester, i suoi parenti e gli amici immediatamente a:animsester@gmail.com

euronews science - Cura della leucemia con le cellule T



http://it.euronews.com/ I medici hanno prelevato le cellule dello stesso sistema immunitario di una bambina malata di Philadelphia (USA). Hanno inserito un nuovo gene in queste cellule che rimmesse nel corpo della piccola sono diventate anticancerogene. Opportunamente addestrate le cellule T aggrediscono il cancro anche se l'effetto indesiderato è la depressione del sistema immunitario. La bambina è comunque guarita.

giovedì 13 dicembre 2012

Israeli soldiers shooting at farmers in Khuza´a, Gaza Strip. 12/12/2012



Palestinians farmers and international activists get shot with live ammunition and tear gas while working inside the so-called "buffer zone" in Khuza´a, Gaza Strip; on December 12th 2012.

mercoledì 12 dicembre 2012

Michigan State Police Pepper Spraying Michigan Protesters



This isn't Michigan democracy! What began as a model of American values of free speech and free assembly deteriorated as mounted Michigan State Police began using pepperspray against protesters in Lansing.

Send a message urging Gov. Snyder to veto legislation that hurts Michigan women, workers, and families at http://ow.ly/g0peq

Piazza Fontana, 12 dicembre `69, Strage fascista Strage di Stato




È di nuovo 12 dicembre, una data che a Milano pesa, o meglio dovrebbe pesare, anche 43 anni dopo. Già, perché quella bomba che nel 1969 devastò la Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana e rubò la vita a 17 persone, alle quali si sarebbe aggiunto tre giorni più tardi l’anarchico Giuseppe Pinelli, fatto precipitare da una finestra della Questura, non fu soltanto un infame delitto, ma anche un atto costituente e rappresentativo di un’intera periodo e, soprattutto, di una precisa modalità scelta dal potere costituito, o da parti fondamentali di esso, per tentare di ostacolare ed impedire il cambiamento sociale e politico, reclamato allora da uno straordinario movimento di studenti ed operai.
Non è un caso, infatti, che la vera matrice della strage, nonostante i depistaggi ufficiali, fosse evidente da subito e in quanto tale denunciata dal movimento: fu strage di Stato e fascista. E non è nemmeno un caso che ancora oggi manchino una verità ufficiale, dei colpevoli da punire e quindi anche degli atti degni di essere chiamati giustizia, sia per la strage di Piazza Fontana, o per quella di Piazza della Loggia di Brescia, che per l’intera stagione della strategia della tensione.
Basterebbe questo, in fondo, per spingerci a vivere il 12 dicembre come un anniversario “pesante”, come un’occasione di mobilitazione o, almeno, di indignazione. Sì, lo so, ora qualcuno dirà che dopo tanti anni continuare a chiedere verità e giustizia è tempo perso, che tanto hanno insabbiato e depistato tutto, che ormai i protagonisti sono molto anziani o già morti e che in fondo possiamo accontentarci della cosiddetta verità storica, che riconosce che la mano era fascista e che la mente si trovava in qualche pezzo dello Stato.
Ebbene, io non sono d’accordo, perché ragionamenti di questo tipo sanno un po’ troppo di rassegnazione, di accettazione dell’inaccettabile, cioè che l’omertà di Stato vale più della vita dei cittadini. E non sono d’accordo perché sono ragionamenti ingenui, poiché ignorano, o fingono di ignorare, che le verità storiche hanno bisogno di cura e di memoria attiva per poter vivere o semplicemente sopravvivere. E questo vale in particolare per la verità storica sulle stragi, che a un certo punto è senz’altro diventata memoria culturalmente egemone, ma mai è stata memoria condivisa e, anzi, in questi ultimi tempi inizia persino ad essere messa in discussione.
Certo, non siamo di fronte a una contestazione radicale e non parliamo neanche di coloro i quali da sempre hanno osteggiato da destra questa verità storica, ma ci riferiamo piuttosto ad un lavorio che toglie un pezzo di qui e ne aggiunge un altro di là, che insinua dubbi, che si fa forte dei tanti anni passati e della voglia di chiudere una vicenda durata fin troppo e di produrre riappacificazione.
Hanno iniziato con il 40° anniversario della strage, che come tutti i numeri belli tondi aveva una notevole forza di suggestione, e hanno usato lo stesso ricevimento al Quirinale di Licia Pinelli, la vedova di Giuseppe, da parte del Presidente della Repubblica, per dire che ormai tutto era a posto, che si poteva chiudere anche l’ultima pratica rimasta aperta. Dopo quella sorta di teoria del pareggio tra Pinelli e Calabresi, sono poi arrivate una produzione cinematografica e qualche nuovo libro “d’inchiesta”, che con indubbia presunzione e con rigore alquanto discutibile, appunto, tolgono un pezzo di qui e ne aggiungono un altro di là. Alla fine, comunque, la memoria risulta modificata e la “verità storica” inizia ad essere riscritta.
Ecco, dunque, un secondo motivo per non lasciar passare sotto silenzio il 12 dicembre, cioè per non permettere a nessuno di riscrivere la verità storica, dopo aver negato quella giudiziaria.
Infine, c’è anche un terzo motivo. Disperdere la nostra memoria, far riscrivere le verità storiche e far trionfare l’oblio non produce riappacificazione e convivenza, ma soltanto nuovi mostri e nuovi violenze. Viviamo in un tempo di crisi, non solo economica, ma anche sociale, politica e culturale, e in molte parti dell’Europa si riaffacciano, a volte prepotentemente, movimenti di ispirazione fascista o addirittura nazista, portatori di ideologie violente, autoritarie, antisemite, razziste. Dimenticare ciò che erano queste forze nel nostro paese, non solo nel Ventennio, ma anche negli anni delle stragi, quando misero a disposizione del potere costituito la loro manovalanza assassina per tentare di spezzare ogni speranza di cambiamento, significa privarci degli anticorpi necessari per poter far fronte alle sfide di oggi.
Non è certo nelle nostre intenzioni fare paragoni fuori luogo. L’accoltellamento dell’attivista antifascista del 2 dicembre scorso è vicenda ben diversa dalla strage di Piazza Fontana e il rapporto di complicità e cooperazione tra apparati di Stato e gruppi neofascisti nella strategia della tensione è altra cosa rispetto alla concessione di sedi politiche e di reclutamento a gruppi militanti neofascisti. Tuttavia, sarebbe imperdonabile e irresponsabile sottovalutare la situazione, non cogliere i segnali che ci sono nel nostro paese e anche nella nostra città. E sarebbe peggio ancora non intervenire per stroncare subito ogni elemento di complicità tra istituzioni e gruppi nazifascisti, a partire da quella vergogna della concessione di uno spazio nelle case popolari di viale Brianza ad opera dell’Aler (vedi anche Appello per chiudere le sedi nazifasciste a Milano).
Eccovi dunque tanti motivi validi per dare questo 12 dicembre un contributo perché non si dimentichi, non si consideri accettabile l’impunità per gli stragisti, non si permetta a nessuno di riscrivere la storia e, infine, non si consenta alcuna complicità istituzionale con i gruppi nazifascisti e razzisti.
A Milano il 12 dicembre 1969, 17 morti e 89 feriti:
1. Giovanni ARNOLDI, anni 42
2. Giulio CHINA, anni 57
3. Eugenio CORSINI
4. Pietro DENDENA, anni 45
5. Carlo GAIANI, anni 37
6. Calogero GALATIOTO, anni 37
7. Carlo GARAVAGLIA, anni 71
8. Paolo GERLI, anni 45
9. Luigi MELONI, anni 57
10. Vittorio MOCCHI
11. Gerolamo PAPETTI, anni 78
12. Mario PASI, anni 48
13. Carlo PEREGO, anni 74
14. Oreste SANGALLI, anni 49
15. Angelo SCAGLIA, anni 61
16. Carlo SILVA, anni 71
17. Attilio VALÈ, anni 52
Questi sono gli appuntamenti milanesi in occasione del 43° anniversario della Strage di Piazza Fontana, dei quali vi segnalo in particolare il corteo di sabato 15 dicembre.
Mercoledì 12 dicembre:
ore 9.30, L.go Cairoli, corteo studentesco
ore 16.15 in poi, Piazza Fontana, commemorazione ufficiale e posa corone. Unici interventi previsti quelli dei familiari delle vittime di piazza Fontana, della Camera del Lavoro e dell’ANPI.
Sabato 15 dicembre:
ore 15.00, P.ta Venezia, corteo cittadino con arrivo in p.zza Fontana, organizzato da Memoria Antifascista, Adesso Basta, Amici e Compagni di Luca Rossi, Associazione Amici e Familiari di Fausto e Iaio, Associazione Culturale Antifascista Dax 16 Marzo 2003, Associazione Culturale Punto Rosso, Associazione di Amicizia Italia Cuba, Associazione Per Non Dimenticare Varalli e Zibecchi, Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, Comitato Antifascista Zona 6, Comitato Antifascista Zona 8, Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre, Partigiani in Ogni Quartiere, Teatro della Cooperativa, Zona 3 per la Costituzione

12 dicembre 1970 viene ucciso Saverio Saltarelli





Milano, 12 dicembre 1970. Quel pomeriggio nel centro di Milano erano in programma quattro manifestazioni. La prima, da via Conservatorio a piazza del Duomo, era stata indetta dall'Anpi (Associazione nazionale partigiani d'Italia) per protestare contro le condanne a morte inflitte ad alcuni militanti baschi dal regime franchista al termine di un processo svoltosi a Burgos in Spagna. La seconda era un presidio antifascista promosso dal Movimento studentesco nella zona circostante all'università Statale di via Festa del Perdono. La terza, un comizio in piazza del Duomo organizzato dai circoli anarchici in occasione del primo anniversario della strage di piazza Fontana e della morte di Giuseppe Pinelli, ucciso innocente nei locali della questura di Milano. La quarta, un'adunata in piazza San Carlo dei gruppi del neofascismo cittadino legati al Msi.
Di queste quattro iniziative le ultime due erano state vietate dal questore per "motivi d'ordine pubblico.
Al termine del comizio gli anarchici danno vita a un corteo che viene caricato alle spalle dalla polizia agli ordini del vicequestore Vittoria e sospinto verso l’Università Statale presidiata dal Movimento Studentesco. Nel frattempo alcuni squadristi lanciano molotov contro la sede dell’associazione Italia-Cina e da piazza San Babila numerosi fascisti si muovono verso la Statale. Proseguono le cariche. Gli studenti difendono la loro postazione mentre la polizia cerca di rompere i cordoni di protezione.
Nel corso degli scontri in Via Larga lo studente Saverio Saltarelli, di 23 anni, viene ucciso da un candelotto lacrimogeno sparato ad altezza d'uomo; quel giorno infatti, il tiro a segno venne praticato largamente sia dalla PS che dai carabinieri e ciò è testimoniato da numerose persone e da documenti fotografici. Il pubblicista Giuseppe Carpi riporta ferite da armi da fuoco.
Le prime versioni ufficiali sulla morte di Saltarelli parlarono di “malore” e poi di “collasso cardiocircolatorio”. Dopo l’autopsia, di fronte all’evidenza dei fatti, si ammise che il cuore di Saltarelli fu spaccato da un “artificio lacrimogeno”.
L’inchiesta fu caratterizzata dall’”ostruzionismo continuo e il sottile bizantinismo fondato su manipolazioni procedurali” da parte di organi giudiziari e di polizia – come si legge nell’ordinanza istruttoria – ma grazie all’impegno del movimento, insieme ad avvocati e giornalisti democratici, si chiuse con l’emissione di sei avvisi di reato.
Nel 1976 il capitano di PS Alberto Antonetto, comandante del reparto da cui partì il candelotto mortale, fu condannato per omicidio colposo a 9 mesi con la concessione delle attenuanti generiche, la sospensione condizionale e la non menzione. Il capitano dei carabinieri Antonio Chirivì (oggi comandante dei Vigili Urbani di Milano) e un sottufficiale furono indiziati di reato per il ferimento del pubblicista.
Poco piu’ di un anno prima, il 27 ottobre 1969, a Pisa in circostanze analoghe aveva trovato la morte lo studente Cesare Pardini. In seguito ad una manifestazione antifascista contro il regime dei colonnelli greci, gruppi sparsi di squadristi aggrediscono a più riprese cittadini antifascisti isolati senza che la polizia intervenga. Quest'ultima si fa viva solo quando la popolazione, sindaco in testa, decide di protestare energicamente. Le forze dell'ordine attaccano un corteo di alcune migliaia di giovani che si dirigono verso il quartiere di S.Martino. Nel corso degli scontri, che durano fino a notte, lo studente universitario Cesare Pardini, di 22 anni, viene ucciso da un candelotto lacrimogeno sparatogli contro dalla polizia.

11 Dicembre 1974: Zunno Minotti


L'11 dicembre 1974 è il giorno in cui muore Zunno Minotti. A ucciderlo furono le botte che subì dalle forze dell'ordine nel corso delle cariche ordinate per disperdere il corteo a cui Minotti stava partecipando.
Quel giorno era in programma a Roma una manifestazione nazionale un po' particolare, quella degli invalidi di guerra, che intendevano sfilare per le vie della capitale per protestare contro le miserabili condizioni in cui erano costretti a vivere. Di quella giornata di lotta, di quell'omicidio poliziesco, è oggi quasi impossibile trovare traccia. Qui riportiamo il pochissimo che abbiamo trovato in rete, con la speranza che in futuro qualcuno riesca a recuperare del materiale sulla vicenda, in modo che il nome di Zunno Minotti venga conosciuto e ricordato al pari delle tante altre vittime della repressione di piazza. 

Roma. La polizia carica gli invalidi di guerra convenuti da tutta Italia per una manifestazione di protesta contro le ignobili condizioni in cui si trovano. Quindici invalidi vengono ricoverati all’ospedale S Giovanni . Uno di essi, Zunno Minotti di 63 anni, muore in seguito alla violenza subita. Su uno dei cartelli di denuncia c’era scritto: “Signori del Governo, scusate se non siamo ancora morti”





11 Dicembre 1974: Zunno Minotti:

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martedì 11 dicembre 2012

Il pestaggio di Michele Ferrulli raccontato dalla figlia Domenica




Michele Ferrulli, 51 anni, il 30 giugno 2011 subisce un fermo di polizia sotto la sua abitazione, in via Varsavia a Milano. Ferrulli si trovava in compagnia di due amici; e insieme ascoltavano la musica che usciva dallo stereo del loro furgone, chiacchieravano e bevevano birra.
Erano le 21.30 di una calda serata estiva. I poliziotti intervengono chiamati da qualcuno infastidito dal suono dello stereo e, secondo quanto riferiscono alcuni testimoni, Ferrulli risponde pacatamente alle domande degli agenti e fornisce loro i documenti. In pochi attimi, per ragioni non chiarite, tutto precipita. Michele Ferrulli viene immobilizzato, ammanettato e buttato a terra. I video acquisiti dalla Procura mostrano come Ferrulli, inerme, sia stato colpito più volte con calci e pugni.
La documentazione videoregistrata acquisita agli atti riguarda tre differenti riprese, disponibili da oggi sul sito Unita.it. La prima di queste è stata effettuata dalla telecamera esterna a una farmacia: nella scena si vede Ferrulli accanto al furgone, che parla e ride con gli amici e con uno di loro, poco dopo, accennerà qualche passo di danza. All’arrivo dei poliziotti la situazione sembra essere tranquilla, Ferrulli si avvicina a un cestino per buttare la bottiglia di birra e parla con gli agenti. Uno di questi, negli attimi successivi, dà uno schiaffo a Ferrulli senza che dal video se ne capisca il motivo.
Poi si vede l’arrivo di una seconda auto pattuglia dalla quale scendono altri due agenti e, poco dopo, tutti gli uomini scompaiono dall’inquadratura. Gli altri due video sono stati girati con dei telefoni cellulari e mostrano la scena successiva, quella delle percosse subite da Michele Ferrulli. Il primo filmato è ripreso dall’alto di un palazzo, e la scena appare poco distinguibile, mentre il secondo è girato dall’interno di una macchina parcheggiata in prossimità del luogo dove è in corso il fermo. Questo è di sicuro il documento più interessante. L’autrice del video è nell’abitacolo con un’altra donna e insieme commentano ciò che vedono.
Le loro parole, tradotte in italiano dal romeno, sono queste: «l’hanno preso per i capelli, non vuole dargli il braccio», «hai visto che cazzotto in bocca?», «guarda come lo picchiano, prima le manette e poi lo hanno massacrato», «ma non gli spezzano i reni? vedi? poverino!», «è morto!», «è morto dici?», «non vedi ha la faccia nera non si muove più». Flebili, e quasi indistinguibili, si sentono le invocazioni di Ferrulli: «aiuto, aiuto, basta». Michele Ferrulli muore per arresto cardiaco sull’asfalto, ancora con le manette ai polsi.
Il fascicolo aperto per la sua morte ha rischiato di essere archiviato ma l’acquisizione dei video ha fatto ripartire le indagini. Il giudice per l’udienza preliminare ha rinviato a giudizio i quattro poliziotti, riqualificando il reato da cooperazione in omicidio colposo a omicidio preterintenzionale. E il Gip così scrive nel decreto che dispone il giudizio: gli agenti hanno agito con «negligenza, imprudenza e imperizia, consistente nell’ingaggiare una colluttazione eccedendo i limiti del legittimo intervento, percuotendo ripetutamente la persona offesa in diverse parti del corpo, pur essendo in evidente superiorità numerica».
Si tratta di una decisione estremamente importante. In vicende simili, quando cioè non sono presenti ferite mortali agli organi vitali, difficilmente viene riconosciuto il nesso di causalità tra l’intervento, violento come in questo caso, degli agenti e la morte del fermato. Questa volta, invece, il processo partirà dall’ipotesi che gli agenti coinvolti abbiano agito in maniera gravemente sproporzionata e che il loro intervento abbia concorso in maniera diretta a provocare la morte di Ferrulli. La prima udienza si è tenuta il 4 dicembre e a partire dal 23 aprile 2013 saranno ascoltati i testimoni. Nel frattempo il giudice deciderà se ammettere le telecamere all’interno dell’aula, com’è stato chiesto dalla figlia e dalla moglie di Ferrulli.

giovedì 6 dicembre 2012

Icaro Tv. Il corteo contro la riforma Fornero (live)


Le immagini del corteo contro la riforma Fornero promosso a Rimini dal Collettivo Studentesco e dalle associazioni Rumori Sinistri e Schiavi in Riviera. Dall'Arco d'Augusto il corteo, dopo avere causato qualche disagio al traffico, ha raggiunto la sede dell'Inps. Qui, dopo la mediazione delle forze dell'ordine, una delegazione ha incontrato il direttore provinciale al quale è stato consegnato un documento sugli effetti dalla Mini Aspi.

4100 BAMBINI MUOIONO OGNI GIORNO: CRISI MONDIALE D'ACQUA - IxR

panni sporchi studenti italia



Il diritto allo studio, il ddl Aprea, il futuro dell'Italia e delle nuove generazioni, la politica e le proteste. Reportage per L'Espresso di Duccio Giordano