Il 25 aprile 1986 il reattore dell'unita' 4 doveva essere spento per la manutenzione di routine e si decise di approfittare dell'occasione per condurre un esperimento sull'impianto elettromeccanico.
Si trattava di verificare se, in caso di perdita della potenza elettrica, le turbine in fase di rallentamento potessero comunque mantenere in funzione le pompe di raffreddamento di emergenza fino all'accensione dei generatori diesel di emergenza. Esperimento gia' tentato in precedenza con risultati inconcludenti, quindi si decise di ripeterlo.
Poiche' si ritenne che l'esperimento non coinvolgesse la parte nucleare dell'impianto, non ci fu un adeguato scambio di informazioni ne' il necessario coordinamento con il responsabile della sicurezza del reattore: conseguentemente non vennero adottate le adeguate misure di sicurezza ed il personale che condusse l'esperimento non venne messo in guardia dei problemi di sicurezza e dei rischi nucleari.
Poiche' si ritenne che l'esperimento non coinvolgesse la parte nucleare dell'impianto, non ci fu un adeguato scambio di informazioni ne' il necessario coordinamento con il responsabile della sicurezza del reattore: conseguentemente non vennero adottate le adeguate misure di sicurezza ed il personale che condusse l'esperimento non venne messo in guardia dei problemi di sicurezza e dei rischi nucleari.
Alle 13:05 di venerdi 25 aprile inizio' la diminuzione di potenza, verso lo spegnimento dell'impianto, ed alle 14 la potenza scese a 1600 MWt (50% del massimo). Al fine di evitare uno spegnimento automatico del reattore, prima di iniziare l'esperimento venne disconnesso il sistema di raffreddamento di emergenza e quello di regolazione automatica. Il reattore rimase al 50% della potenza fino alle 23 per fornire energia alla rete.
Alle 23:10 si diminui' la potenza fino a 1000 MWt, ideale per iniziare l'esperimento in programma. Da questo momento una serie di manovre sbagliate, dovute ad incompetenza o a decisioni affrettate e rischiose, portarono rapidamente all'esplosione.
A mezzanotte di sabato 26 aprile si passo' dal sistema di controllo automatico a quello manuale e, per un errore degli operatori e una cattiva taratura degli strumenti, le barre di controllo scesero piu' del previsto e la potenza crollo' a 30 MWt, dove l'instabilita' diventa dominante (il minimo previsto dalle norme di sicurezza era di 700MWt). A questo punto si sarebbe dovuto sospendere l'esperimento e rimettere in funzione il dispositivo d'emergenza. Gli operatori, invece, confidavano di riportare la potenza a 700 MWt eliminando i regolatori automatici e passando le barre di controllo al funzionamento manuale (per evitare i sistemi automatici che l'avrebbero impedito). L'operazione riusci' solo in minima parte. Alle 1:00, rimuovendo ulteriori barre, si riusci' ad arrivare a 200 MWt, ma a che prezzo... La centrale era ormai quasi tutta sotto il controllo manuale, con molte funzioni di emergenza disinserite, con la quasi totalita' delle barre disinserite (solo 6 restavano ancora al loro posto) e con funzionamento a bassissima potenza, fuori dalle norme e fortemente instabile.
In queste condizioni un arresto di emergenza rapido avrebbe impiegato almeno 20 secondi. Cio' nonostante si decise di proseguire.
In queste condizioni un arresto di emergenza rapido avrebbe impiegato almeno 20 secondi. Cio' nonostante si decise di proseguire.
Alle 1:07 la pressione del vapore scese sotto i limiti consentiti: per evitare lo spegnimento automatico del reattore, previsto in simili condizioni, venne disinserito anche questo sistema di sicurezza. A causa dell'instabilita' in aumento vennero richiesti numerosi e continui aggiustamenti manuali da parte degli operatori. Alle 1:19, con la reattivita' che aumentava oltre i limiti, il sistema di controllo richiese lo spegnimento immediato. L'allarme venne ignorato.
Alle 01:22:30 inizio' il vero esperimento in programma: le pompe furono disalimentate e collegate alle turbine in fase di spegnimento, con una portata molto piu' bassa. L'enorme diminuzione del flusso d'acqua nel reattore causo' un rapido aumento della temperatura nel reattore, facendo evaporare grandi quantita' d'acqua.
Alle 01:23:04 l'esperimento si concluse e alle 01:23:40 un operatore aziono' il sistema di spegnimento urgente, che avrebbe richiesto 20 secondi per inserire tutte le barre; la potenza aumento' rapidamente a centinaia di volte la potenza nominale per l'effetto positivo del vuoto dovuto all'esplosione dell'acqua, ma allo stesso tempo favorito anche dalla particolare struttura delle stesse barre di controllo che avevano la punta in grafite. L'improvviso aumento di calore deformo' le barre di controllo impedendone il corretto inserimento, ruppe e fuse gli elementi di combustibile e la pressione nei tubi del vapore aumento' enormemente; nel giro di 8 secondi si produsse una prima esplosione di vapore. L'esplosione distrusse il nocciolo del reattore, danneggio' il tetto e fece sollevare il coperchio monoblocco di acciaio e cemento della centrale, del peso di oltre 1000 tonnellale. Per maggiore disgrazia, nel ricadere, questi si adagio' di fianco incastrandosi tra le opere murarie e nei suoi violenti movimenti strappo' cavi e varie tubature provocando svariati danni, esponendo il nocciolo rovente all'aria.Una seconda esplosione, molto piu' violenta, seguì dopo qualche secondo, probabilmente dovuta all'idrogeno prodotto dalla reazione tra vapore e zirconio e tra vapore e grafite incandescente. Testimoni all'esterno della centrale hanno visto scagliati in aria pezzi in fiamme che, nel ricadere, estendevano l'incendio al corpo della centrale stessa.
Circa il 25% dei blocchi di grafite fu sparato in aria dalla reazione. Furono scagliati lontani anche pezzi di elementi di combustibile, parti del nocciolo e delle strutture portanti. Le spaccature del tetto hanno poi fatto da camino contribuendo ad espandere l'incendio. La reazione dell'ossigeno con il nocciolo incandescente incendiò la grafite, incendio che continuera' per altri dieci giorni e che sara' la causa principale della dispersione nell'atmosfera di detriti radioattivi e prodotti di fissione fino ad un'altezza di 1 Km. Altri incendi si svilupparono nei resti dell'edificio, sul tetto del locale delle turbine e nei vari depositi di materiale infiammabile. I componenti pesanti dei fumi ricaddero nelle vicinanze della centrale, i componenti piu' leggeri, invece, iniziarono la loro marcia verso l'Europa, iniziando dal Nord-Est della centrale, dove i venti prevalenti spingevano. Sparito il refrigerante, sparito ogni controllo, finita la geometria del reattore, in qualche parte continuava la reazione a catena perchè vi era Uranio-235 ed un moderatore (grafite) ancora efficienti. Saliva la temperatura ed il nocciolo stava fondendo in una massa unica nella quale la reazione sarebbe proseguita per molto tempo. Il nocciolo intanto penetrava nel suolo per oltre 4 metri. Ormai si poteva tentare solo qualche operazione che alleviasse il completo disastro. Oltre cento incendi erano scoppiati nelle adiacenze della centrale. Occoreva fermarli, spegnere la grafite. Infatti di fianco all'unitá 4 vi erano altri 3 reattori funzionanti, e un'estensione del disastro sarebbe stata un'apocalisse.
Inoltre tutti sapevano di non avere a che fare con semplici esplosioni di natura chimica: oltre ad esse si sarebbe accompagnata una radioattivita' incontrollabile e disastrosa. Negli elementi combustibili dei 4 reattori vi erano oltre 3000 Kg di plutonio e 700 tonnellate di uranio e una infinita' di isotopi radioattivi ottenuti come prodotti di fissioni delle successive reazioni nucleari.
Inoltre tutti sapevano di non avere a che fare con semplici esplosioni di natura chimica: oltre ad esse si sarebbe accompagnata una radioattivita' incontrollabile e disastrosa. Negli elementi combustibili dei 4 reattori vi erano oltre 3000 Kg di plutonio e 700 tonnellate di uranio e una infinita' di isotopi radioattivi ottenuti come prodotti di fissioni delle successive reazioni nucleari.
Nessuno sapeva bene come impedire o arginare la catastrofe. Centinaia di pompieri intervenuti dalla vicina Pripyat si sacrificarono, essendo esposti per primi ad enormi dosi di radioattività, per tentare lo spegnimento degli incendi (tra l'altro questi uomini intervennero con attrezzature del tutto inadeguate: non avevano vestiti speciali che li coprissero interamente, non avevano maschere con filtri efficienti, non avevano dosimetri adeguati...).
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