Due volte in una settimana la Trento
antirazzista ha fatto sentire la propria voce. Centinaia di persone si
sono date appuntamento in Via Verdi e hanno dato vita a un vivace e
corposo corteo in risposta all’ascesa di Salvini e del comizio
elettorale che avrebbe dovuto tenere la sera, in sostegno della
candidatura di Maurizio Fugatti.
Non
è la prima volta che il leader leghista visita il Trentino, con il suo
solito bagaglio di propaganda xenofoba e qualunquista, bensì la terza.
Tuttavia gli effetti della sua nuova carica da Ministro degli Interni
sono ben visibili: militarizzazione della città e prescrizioni della
questura di ogni sorta.
Tutto
questo non ha rappresentato in ogni caso alcun deterrente, Trento
infatti è stata scenario di una grande manifestazione eterogenea
composta da centinaia di persone: dal centro sociale Bruno, ai
collettivi studenteschi, ai sindacati di base, e in generale da coloro
che non potevano tollerare la presenza di Salvini e la proliferazione
selvaggia della sua barbara retorica razzista. Numerosi sono stati
inoltre gli interventi al microfono e i cori scanditi a gran voce da
tutto il corteo.
In questa
importante giornata Salvini non è stato l’unico ospite indesiderato e
contestato. Il Partito Democratico trentino, infatti, ha ben pensato di
concludere la propria campagna elettorale invitando Marco Minniti, che
ha vestito la carica di Ministro dell’Interno durante la precedente
legislatura ed è stato responsabile nell’ aver spianato la strada alle
attuali politiche xenofobe e securitarie dell’esecutivo giallo-verde: la
guerra alle ONG, gli accordi criminali con la Libia e le politiche
securitarie con l'introduzione del daspo urbano sono solo alcuni esempi.
Due facce della stessa medaglia che, secondo i partecipanti, non
possono essere tollerate in città.
Il
Decreto Minniti prima, il decreto Salvini poi hanno prodotto
conseguenze nefaste per quanto riguarda la repressione, le condizioni
giuridiche e sociali di migranti, poveri, occupanti, attivisti. Sono
stati ricordati in particolare due episodi cruciali che ben rendono la
situazione che stanno vivendo: dall’arresto di Mimmo Lucano e lo
smantellamento del modello Riace, (attualmente studiato e preso come
riferimento in tutto il mondo) al grave episodio di Lodi, dove ai
bambini stranieri è stata negata la mensa scolastica.
La
piazza antirazzista di ieri, non solo è stata la migliore risposta a
Salvini e alle sue politiche ma ha rappresentato anche una prima
vittoria: il leader leghista infatti, che aveva annunciato in pompa
magna di tenere il comizio nella simbolica Piazza Dante, da sempre
oggetto di speculazione razzista, per sua stessa ammissione è stato
costretto a isolarsi nel quartiere fantasma delle Albere, iper
militarizzato e completamente fuori dalla città per timore di
contestazioni.
Dopo un breve comizio, infarcito sempre della solita becera retorica, ha lasciato la città.
Non un addio ma un arrivederci: tanto è vero che il corteo ha lanciato la prossima data nazionale il 10 novembre a Roma;
tanti e tante raggiungeranno la capitale per contrapporsi alla
conversione in Legge del criminale “decreto immigrazione e sicurezza”,
al governo, al ddl Pillon e alla crescente ondata di intolleranza e
repressione.
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