Sergio Adelchi Argada, giovane operaio militante del ”Fronte Popolare Comunista Rivoluzionario” (FPCR) viene barbaramente ucciso, il 20 ottobre 1974, a colpi di pistola dai fascisti Michelangelo De Fazio e Oscar Porchia.
Il primo studia Legge a Firenze, ragazzo
di buona famiglia conosciuto sia dai fascisti del posto che da quelli
dell’università toscana. Il secondo, anche lui studente, è un militante
del Movimento Sociale e per un paio d’anni è stato anche il segretario
del Fronte della gioventù di Lamezia.
Oltre a Sergio, nell’agguato squadrista
rimangono feriti altri quattro giovani operai che sono con lui (fra cui
il fratello Otello).
«Era un ragazzo di una bontà unica e
di un altruismo ineguagliabile… era un buon figliolo che badava agli
interessi dei lavoratori cui conosceva sacrifici e tormenti». Così ricordano a Lamezia, in tutti gli ambienti, lo studente-operaio Sergio Adelchi Argada.
Aveva superato brillantemente lo scoglio
della terza media, quando per la morte del padre dovette abbandonare gli
studi. Era il più piccoli di casa Argada, essendo nato dopo Otello,
Ferdinando e la sorella e lavorava per consentir loro di studiare.
Rosina Curcio, la madre, non ce la poteva fare a mandare avanti la
famiglia; da vedova, senza alcun lascito del marito, vivevano con i
modesti proventi della sua attività giornaliera.
Era uno generoso. La generosità e la
solidarietà verso i compagni ha contribuito a stroncare la sua
esistenza. E’ infatti morto sotto i colpi del feroce assassino, che l’ha
voluto finire quand’era oramai a terra colpito all’addome, già da tre
proiettili, nell’atto di bloccare la mano omicida che seguitava a
sparare su Giovanni Morello, colpito per primo.
Nelle zone dell’Emilia, vicino Modena,
dove appena quindicenne aveva affrontato il duro lavoro di una fonderia,
s’erano registrati altri episodi che lo avevano fatto apprezzare per la
sua umanità.
A Milano aveva prestato la sua attività nei cantieri edili come manovale.
Sergio faceva parte di una commissione
per lo studio delle esigenze degli operai e, i alcuni congressi
nazionali, come sul giornale del FPCR, cui dedicava il suo tempo libero,
aveva dimostrato chiaramente, quali interventi avessero bisogno quanti
contribuiscono quotidianamente allo sviluppo del Paese.
La mattina del 20 ottobre, di fronte al
Comune di Lamezia, ci fu una manifestazione nell’ambito del Festival
Provinciale dell’Avanti. Nella notte, scritte fasciste comparse sui muri
avevano provocato forti tensioni, fino ad arrivare alle minacce ed alle
mani e la questione, evidentemente, non poteva finire lì.
Alle 15.30 di quella domenica di ottobre i
fratelli Argada, accompagnati dai fratelli Morello, incontrarono sulla
strada di ritorno dallo stadio cinque camerati. A rivolgersi ai fascisti
ci pensò Giovanni Morello, disgustato dalla vigliaccheria dimostrata da
questi personaggi solo ventiquattro ore prima, quando avevano picchiato
il fratello più piccolo, quattordici anni appena. E quattordici furono
anche i colpi che riecheggiarono per le strade di Lamezia; quattro
mortali indirizzati al giovane Adelchi, intervenuto per proteggere e
aiutare l’amico ferito da un colpo alla gamba.
Il giorno dei funerali, trentamila furono le persone che scesero in piazza per salutare Sergio Adelchi
Argada. La cattedrale non bastò a
contenerli tutti e, per le orazioni, venne utilizzato il palco della
festa de ”L’Avanti”, ancora montato nella piazza del Municipio per il
concerto della sera precedente.
Uno studente, parlò a nome dei ragazzi di Lamezia: «Conoscevamo
Adelchi Argada come uno dei nostri migliori militanti, sempre schierato
dalla parte degli oppressi. Bisogna capire perché è morto; era un
operaio, uno dei tanti giovani costretto a una certa età a lavorare
perché per i proletari, per i figli dei lavoratori, non esistono
privilegi che sono di altri. Argada ha fatto una scelta, si è messo
dalla parte di chi vuole una società diversa non a parole, in cui lo
sfruttamento sia abolito e il fascismo non possa trovare spazio».
Arrestati, gli assassini di Adelchi
Argada ebbero dalla loro parte soltanto una pretestuosa tesi di
legittima difesa. Una posizione che più di qualche giornale conservatore
fece propria e diffuse con forza. Nel caso di Oscar Porchia e Michele
De Fazio sostenere di avere sparato per difendersi non funzionò:
imputati di omicidio, dopo aver ottenuto di spostare la tesi processuale
a Napoli, nel 1977 furono condannati rispettivamente a quindici anni e
quattro mesi e a otto anni e tre mesi di reclusione.
A Milano, nel 1978, dopo quattro anni di
iniziative e lotte, gli dedicano una scuola: l’ Istituto Tecnico per
Geometri “Adelchi Argada.”
Il 18 ottobre 1994, a Lamezia, nel corso
delle celebrazioni del ventennale, con una lettera ex studenti ed ex
professori comunicano che, nel frattempo, una nuova docenza aveva
cambiato idea intitolando l’istituto ad un ex sindaco di Milano (che già
dava il nome ad altre quattro scuole milanesi) ma testimoniano anche ai
lametini che il ricordo di Adelchi era ancora vivo, non conosceva né
distanze, né tempo.
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