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mercoledì 12 febbraio 2014

Egypt/Sudan: Traffickers Who Torture





Roma, 12 febbraio 2014, Nena News – Un nuovo rapporto di Human Rights Watch racconta di una realtà poco nota, terribile: i campi di tortura in Sudan e Egitto, teatro negli ultimi anni di settimane e mesi di violenze contro migliaia di rifugiati eritrei. Pestaggi, elettrochoc, stupri portati avanti dai trafficanti di uomini e ben coperti dalle autorità dei due Paesi.
Il rapporto, “I wanted to lie down and die”, riporta le testimonianze degli eritrei sopravvissuti a mutilazioni, bruciature, violenze sessuali e torture psicologiche, nella città di Kassala a Est del Sudan o nella città di Arish, in Sinai. E punta il dito contro coloro che avrebbero dovuto fermare tanta violenza. Al contrario, spiega HRW, le forze di polizia sudanesi e egiziane non solo non hanno perseguito i trafficanti, ma hanno partecipato attivamente a rapimenti e torture.
L’unico modo per liberarsi dai campi di tortura, raccontano i rifugiati, era il pagamento di un riscatto da 40mila dollari, spesso chiesto alle famiglie contattate al telefono. Non sempre il denaro ha salvato la vita delle centinaia di persone finite nelle mani degli aguzzini che, dopo aver ricevuto il riscatto, vendevano i rifugiati ad altri gruppi di trafficanti.
Trentasette testimonianze terribili, come quella di un giovane eritreo, 23 anni: “Mi hanno picchiato con una barra di metallo, hanno fatto gocciolare sulla mia schiena plastica fusa. Mi facevano restare in piedi per giorni e minacciavano di uccidermi, con una pistola puntata alla testa. Ho visto un uomo morire dopo essere stato appeso per 24 ore. Ogni volta che chiamavo la mia famiglia chiedendogli di pagare, mi bruciavano con una barra di ferro così gridavo al telefono. Non potevamo proteggere le donne: le prendevano, le violentavano e le riportavano nella cella”.
HRW è riuscita a parlare anche con due trafficanti: “Ho guadagnato 200mila dollari in un anno – ha detto uno di loro – So che è denaro sporco, ma lo faccio comunque. A volte li torturavo mentre erano al telefono con i parenti. Lo facevo con tutti, li colpivo alle gambe e ai piedi, allo stomaco e al petto. Li appendevo a testa in già per ore. Tre di loro sono morti perché il pestaggio era stato troppo duro”.
A preoccupare è il ruolo svolto dalle autorità egiziane e sudanesi, profondamente colluse con i trafficanti di uomini: “Ad oggi la polizia e l’esercito in Sudan e Egitto che aiutano i trafficanti a rapire e torturare i rifugiati non hanno nulla di cui temere – spiega Gerry Simpson, autore del rapporto – Vige l’impunità, a volte li rinchiudono nelle stazioni di polizia e, se fuggono, li prendono e li riconsegnano ai trafficanti. Per anni le autorità egiziane hanno negato questi orribili abusi perpetrati in Sinai. Oggi devono porre fine alle torture e alle estorsioni e perseguire i trafficanti e tutti i funzionari collusi”. Nena News

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