Nessuno è come sembra, ma dobbiamo mantenere le apparenze per sopravvivere
martedì 1 maggio 2012
Portella della Ginestra: la prima strage di stato
Il primo maggio non va ricordato solo per la festa dei lavoratori. In questo giorno del 1947 a Portella della Ginestra, località montana in provincia di Palermo, avvenne la prima strage dell’Italia repubblicana
La vittoria delle sinistre. La guerra era finita da appena due anni. Quel primo maggio si tornava a festeggiare la festa dei lavoratori, spostata sotto il fascismo al 21 aprile. La vallata di Portella della Ginestra si riempì di duemila lavoratori della Piana degli Albanesi, per lo più contadini, pronti a manifestare contro il latifondismo e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle lezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana. Il ticket Pci – Psi aveva conquistato 29 seggi, contro i 21 della Dc.
L’attentato. Dalle colline circostanti la vallata partirono raffiche di mitra che uccisero undici persone e ne ferirono altre ventisette. La Cgil proclamò lo sciopero generale accusando i latifondisti di voler «soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori». Dopo quattro mesi si scoprì che le raffiche erano state sparate dagli uomini di Salvatore Giuliano, il quale nel 1949 fece recapitare ai giornali una lettera in cui parlava dello scopo politico di questa operazione.
Il bandito Salvatore Giuliano. Furono lui e la sua banda gli autori materiali della strage. Ignoti i mandanti.
All’inizio si disse che la morte era stata opera del capitano Antonio Perenze. Successivamente si scoprì che ad ammazzarlo fu il suo luogotenente, Gaspare Pisciotta, avvelenato a sua volta in galera nel 1954 dopo aver manifestato la volontà di rivelare i nomi dei mandanti. Nel 1949 l’allora ministro degli Interni Mario Scelba smentì il contenuto di quella lettera, rafforzando l’idea che i banditi si fossero mossi su indicazione della mafia. Il giorno dopo la strage il ministro Scelba riferì all’Assemblea Costituente che dietro quest’azione non c’era nessun altro protagonista oltre al bandito Giuliano. Il processo confermò la responsabilità di Giuliano e si concluse con la condanna all’ergastolo di Pisciotta e di altri componenti della banda.">Archivio ’900riporta le parole di Gaspare Pisciotta, il quale ha sempre sostenuto come ci fosse lo zampino della politica dietro la strage: «Coloro che ci avevano fatto le promesse si chiamavano così: L’onorevole deputato democristiano on. Bernardo Mattarella, l’onorevole deputato regionale Giacomo Cusumano Geloso, il principe Giovanni Alliata di Montereale, l’onorevole monarchico Tommaso Leone Marchesano e anche il signor Scelba. Furono Marchesano, il principe Alliata, l’onorevole Mattarella a ordinare la strage di Portella della Ginestra. Dopo le elezioni del 18 aprile 1948, Giuliano mi ha mandato a chiamare e ci siamo incontrati con Mattarella e Cusumano; l’incontro tra noi e i due mandanti è avvenuto in contrada Parrino, dove Giuliano ha chiesto che le promesse fatte prima del 18 aprile fossero mantenute. I due tornarono allora da Roma e ci hanno fatto sapere che Scelba non era d’accordo con loro, che egli non voleva avere contatti con i banditi».
La canea rossa. Prima di morire per mano di Pisciotta, Salvatore Giuliano spiegò con queste parole il perché della Strage di Portella della Ginestra, parole raccolte dall’archivio Cgil: «Non si poteva restare indifferenti davanti all’avanzata diabolica della canea rossa, la quale, allettando con insostenibili e stolte promesse i lavoratori, ha sfruttato e si è servita del loro suffragio per fare della Sicilia un piccolo congegno da servire al funzionamento della macchina sovietica».
Chi furono i responsabili? Si è capito quindi perché queste persone siano morte, ma non si è mai capito invece chi sia stato il mandante. Mafia, politica, iniziativa personale, fascisti, servizi segreti Usa preoccupati dell’espansione delle sinistre in Italia, latifondisti siciliani. I protagonisti in negativo morirono in pochi anni: Giuliano nel 1950 e Pisciotta nel 1954 avvelenato da un caffé alla stricnina. Anche il processo del 1971, come detto, attribuì la responsabilità alla banda di Salvatore Giuliano.
Oggi a Portella della Ginestra c’è un memoriale realizzato tra il 1979 e il 1980. La si è voluta lasciare all’aria aperta. Un muro a secco di 40 metri fiancheggiato da una trazzera taglia la terra nella direzione degli spari. Tutt’intorno, per un’area di circa un chilometro quadrato si ergono grandi massi in pietra locale, alti da due a sei metri, cavati sul posto della pietraia, uno per ogni morto della strage. Per ricordare i caduti e celebrare una volta di più il primo maggio per la sua vera essenza, la festa del lavoro e della libertà.
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