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domenica 23 marzo 2014

I figli della rivolta (I treni della felicità - Pasta nera)





Il 23 marzo 1950 a San Severo uno sciopero diventa rivolta. A sedarla arriva l'esercito con i carri armati. Al termine degli scontri numerosi feriti e una vittima. Vengono arrestate 180 persone per 'insurrezione armata' contro i poteri dello Stato. Sono sottoposte a un lungo processo, che vede loro difensore Lelio Basso. Dopo due anni gli imputati vengono assolti e rilasciati. I loro figli, circa 70 bambini, nel frattempo sono ospitati, "adottati" da famiglie di lavoratori del centro-nord in segno di solidarietà sociale e politica.
Questo episodio è solo un tassello del vasto movimento nazionale che già dal '46 operava in Italia, organizzato dai partiti della sinistra e da organizzazioni femminili come l'UDI. Le famiglie emiliano romagnole, marchigiane e toscane, dei comitati di Solidarietà Democratica, accolsero come figli adottivi i più poveri bambini del Sud, ma anche delle zone martoriate dai bombardamenti o dalle alluvioni. Un'esperienza di massa che portò, nei "treni della felicità", circa 70.000 bambini a vivere l'adozione familiare.

venerdì 14 marzo 2014

Antifa: Rimini due compagni accoltellati. Comunicato



Cari compagni, vi chiediamo la diffusione e la pubblicazione del seguente comunicato


Comunicato in merito agli accoltellamenti fascisti di sabato 8 marzo 2014 presso Bellaria – Igea Marina (Rimini) 

Nella notte di sabato 8 marzo 2014 due giovani sono stati accoltellati e seriamente feriti da un gruppo di fascisti (tra cui ex aderenti a Forza Nuova) fuori da un noto locale della zona. I due ragazzi accoltellati sono due compagni di Rimini, attivi nelle lotte per la giustizia sociale, per il diritto all'abitare, per lo sport e la cultura popolare, contro lo sfruttamento, il fascismo e il controllo sociale. Fortunatamente, benché uno sia tutt’ora in ospedale, dovrebbero essere entrambi fuori pericolo e ci stringiamo a loro aspettandoli dove sono sempre stati, nelle strade, nelle lotte, al nostro fianco. Quello che ci preme è rendere noto un episodio gravissimo che non ha precedenti nella nostra città. Siamo antifasciste e antifascisti militanti, come ci insegnarono i nostri nonni e le nostre nonne partigiane. Come loro siamo assetati di libertà e, con la dignità che sempre muove le nostre azioni, cerchiamo di combattere ingiustizia e prevaricazione ovunque si trovino, finanche in una discoteca di merda qualsiasi. Ma ieri come oggi lottare per cambiare lo stato di cose presenti può avere un caro prezzo: quello di vedere violata la propria incolumità fisica è uno di questi. Ed è ciò che è accaduto ai nostri compagni. Infatti le coltellate inflittegli sono state sferrate con l’evidente intento di uccidere: colpire più volte all'addome può avere solo quell'obiettivo. Quando un fascista arma la propria mano per colpire chi si ribella allo status quo, la matrice è ben chiara e i motivi non sono per nulla futili: sta combattendo la propria guerra contro chi non abbassa la testa e chi considera “diverso”; contro la vita di chi ha deciso di dedicarsi alla costruzione di un mondo migliore, dove non si debba morire di freddo senza casa, dove si possa avere un lavoro degno che non occupi tutta la giornata per un salario miserevole, dove non ci sia schiavitù imposta dal ricatto del denaro, dove si possa scegliere liberamente delle proprie vite senza essere usurpati dal potere. Per noi l'antifascismo è una pratica rivoluzionaria, oggi come ieri. E il 25 aprile non è una ricorrenza ma una lotta quotidiana, per questo abbiamo rischiato che delle persone generose, intelligenti e piene di vita, compagni preziosissimi, ci venissero sottratti dalle lame degli utili idioti del capitalismo. Solo chi è in malafede può equiparare stupidamente chi propaga ignobili disvalori a chi lotta per la giustizia sociale e la libertà, così come chi parla di “rissa tra bande” ed altre sciocchezze addomesticate, agisce nell’interesse servile di legittimare la falsa retorica degli opposti estremismi. I nostri compagni sono forti e hanno la pelle dura, non ne avevamo dubbi, ma proprio perchè la vita è una questione di carne e di centimetri diciamo che, per un raggio infinito di chilometri, nessuno si deve permettere di toccarceli. Dopo i recenti omicidi di Clement a Parigi e Pavlos ad Atene, a pochi giorni dall'undicesimo anniversario dell’assassinio di Dax a Milano, vediamo che anche in una città come Rimini le mani dei fascisti sono armate e pronte ad uccidere. Sappiamo bene come il fascismo non sia mai stato definitivamente sconfitto perchè è il capitalismo stesso che crea continuamente il terreno fertile per la sua riproduzione, ossia per la sua aggressiva perpetuazione. Vediamo come nella nostra società, dal potere economico alle istituzioni politico/militari passando per le sue ramificazioni, elementi fascisti vengano sempre mantenuti per fare il proprio sporco lavoro: che si tratti di governanti mascherati da liberatori come in Ucraina, o di “Albe Dorate” come in Grecia, che si inventino pretesti territoriali come la Lega Nord o che si tratti di finti benefattori come Forza Nuova o suoi ex militanti. Questi giorni sono lunghi che ci sembra valgano anni. Sentiamo sempre più necessario disintegrare quel tessuto di indifferenza sociale intriso di razzismo, sessismo e sopraffazione, riappropriandoci di spazi non solo di agibilità politica ma anche di socialità quotidiana. Più avanzano le nostre lotte più terreno sottraiamo al capitale e ai suoi sgherri in divisa o camicia nera. Sollecitiamo con forza tutte le realtà sensibili, collettivi e singoli, senza confini geografici, nella costruzione diffusa di percorsi di lotta contro il capitalismo e i suoi fascismi, raccogliendo le forze per avanzare con determinazione, esprimendo rabbia, autonomia, passione, autodifesa, solidarietà, azione diretta, lotta di classe e una smisurata voglia di libertà. Se si colpisce un/una compagn* si colpiscono tutt*, nessuno si senta escluso.
Guai a chi ci tocca!
Antifasciste e antifascisti - Rimini



antifa: Rimini due compagni accoltellati. Comunicato:



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mercoledì 12 marzo 2014

antifa: Padova Attivista prelevato alla fermata del tram arrestato e pestato

Padova. Zeno Rocca, un militante del centro sociale Pedro, prelevato alla fermata del tram. Fermato da otto celerini, ha passato sette ore in questura. Appena rilasciato al pronto soccorso si è fatto refertare le fratture e i traumi

Un epi­so­dio molto grave. Anche per­ché ricalca una dina­mica che troppo spesso viene ripe­tuta dalle forze dell’ordine ai danni degli atti­vi­sti. Così l’avvocata Aurora d’Agostino ha com­men­tato quanto denun­ciato dal suo assi­stito, Zeno Rocca, ven­ti­due anni, mili­tante del cen­tro sociale Pedro di Padova. «Una aggres­sione immo­ti­vata da parte di otto agenti della celere ai danni di un ragazzo che non aveva fatto niente e che non ha nes­suna colpa se non quella di essere un atti­vi­sta poli­tico», ha dichia­rato d’Agostino che sul fatto ha pre­sen­tato una for­male denun­cia alla magi­stra­tura. L’episodio è acca­duto lunedì alle 13,30 nella cen­trale Riviera Tito Livio, a due passi dalla sede della que­stura. Il gio­vane Zeno vi si era recato per adem­piere all’obbligo di firma per i fatti acca­duti durante la mani­fe­sta­zione del 14 novem­bre 2012. «Stavo aspet­tando il tram per rin­ca­sare – ha dichia­rato in una con­fe­renza stampa svol­tasi ieri pome­rig­gio – quando si è fer­mata davanti a me una camio­netta della poli­zia da cui sono scesi, mi pare, otto cele­rini che mi hanno affer­rato per il bavero della felpa e per le brac­cia accu­san­domi di aver fatto un gesto offen­sivo nei loro con­fronti. Gesto che io non ho fatto. Mi hanno chie­sto i docu­menti ma prima ancora che potessi tirare fuori il por­ta­fo­glio mi hanno get­tato per terra, col­pito alle gambe e al torace, e amma­net­tato men­tre alcuni poli­ziotti inti­ma­vano ai pre­senti – c’erano alcuni stu­denti alla fer­mata – di non ripren­dere la scena con i cellulari».

Quindi Zeno è stato por­tato in que­stura, trat­te­nuto per più di sette ore, dalle 14 a oltre le 19, in una cella di sicu­rezza senza che nes­suno lo infor­masse dei reati per i quali era stato fer­mato e che gli fosse per­messo par­lare con un avvo­cato. «E, cosa ancora più grave – com­menta d’Agostino –, senza assi­stenza alcuna nono­stante gli fosse stata rotta una costola. Tanto è vero che in ospe­dale gli è stata fatta una eco­gra­fia addo­mi­nale per paura di ver­sa­menti e lesioni interne».

Verso sera, Zeno Rocca è stato rila­sciato e, da solo, si è recato bar­col­lante per le per­cosse in pronto soc­corso dove gli sono state riscon­trate la frat­tura dell’undicesima costola sini­stra, trauma distor­sivo, rachide cer­vi­cale e con­tu­sioni multiple.

Non pos­sono non tor­nare alla mente i casi di Ste­fano Cuc­chi, Fede­rico Aldro­vandi, Giu­seppe Uva, Aldo Bian­zino e gli altri epi­sodi di per­sone morte men­tre erano pri­vati della loro libertà per­so­nale e si tro­va­vano sotto la custo­dia delle forze dell’ordine.

«Da sot­to­li­neare, oltre alla man­cata assi­stenza che avrebbe potuto tra­dursi in un’altra tra­ge­dia – ha com­men­tato Aurora d’Agostino – che il famoso gestac­cio puni­bile col reato di oltrag­gio alla forza pub­blica che avrebbe cau­sato l’aggressione dei cele­rini non è stato nep­pure messo a ver­bale». Zeno è stato denun­ciato per minac­cia, lesioni, resi­stenza a pub­blico uffi­ciale e rifiuto di for­nire le pro­prie gene­ra­lità. Dopo la con­fe­renza stampa, che si è svolta pro­prio davanti alla que­stura, gli amici di Zeno e i suoi com­pa­gni degli spazi sociali pado­vani hanno orga­niz­zato una mani­fe­sta­zione di pro­te­sta lungo le strade della città a cui hanno par­te­ci­pato oltre due­cento per­sone. Del caso si sono inte­res­sati anche i depu­tati Giu­lio Mar­con, Ales­san­dro Zan e Gior­gio Airaudo. Quest’ultimo ha inol­trato un’interrogazione par­la­men­tare al mini­stro degli Interni per far luce sulla vicenda.

http://ilmanifesto.it/attivista-arrestato-e-pestato/



antifa: Padova Attivista prelevato alla fermata del tram arrestato e pestato:



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domenica 9 marzo 2014

Interview with Malaka Mohammed, a blogger froma Gaza





di Sonia Grieco
Roma, 8 marzo 2014, Nena News – La 23enne di Gaza Malaka Mohanned è diventata una blogger nota per avere lanciato la campagna internazionale per la liberazione di Samer Issawi. Il detenuto accusato di “terrorismo” e  rilasciato il 23 dicembre scorso dopo uno sciopero della fame durato 266 giorni, che ha fatto notizia in tutto il mondo.
Questa giovane donna palestinese, che adesso studia Diritto internazionale all’università di Sheffield, in Gran Bretagna, è uno dei tanti esempi di donne impegnate nella resistenza all’occupazione israeliana e all’embargo che dal 2006 ha chiuso la Striscia di Gaza al mondo. Sul suo blog ‘Freedom to Palestine’ Scrive della nostalgia per Jaffa, la città da cui proviene la sua famiglia ma che non ha mai potuto visitare. Delle arance di Jaffa che ha potuto assaggiare soltanto a Sheffield e della nonna che la esortava a “non mollare, a essere forte e a impegnarsi per rivendicare i suoi diritti”. E alla passione per la scrittura e per l’impegno politico, affianca quella per i suoi studi che vuole mettere a disposizione dei palestinesi di Gaza, dove ha intensione di tornare e lavorare.
Il suo motto è “domani non sarà uguale a oggi e oggi non è come ieri”, perché adesso c’è una generazione di giovani palestinesi che ha trovato nuove forme di resistenza: la musica, l’arte, la scrittura. E le nuove tecnologie consentono loro di lottare diffondendo le proprie idee e i propri messaggi in tutto il mondo. È per questo che ha iniziato il suo blog, per parlare al mondo di Gaza, di quello che ha visto durante le incursioni israeliane e degli abusi quotidiani che vivono gli abitanti della Striscia. Il suo impegno è quello di tante donne palestinesi. E’ stata a Roma, ospite di un incontro alla Casa internazionale delle donne organizzato dall’associazione Cultura è Libertà, in collaborazione con Un Ponte Per… .
“Le donne hanno un ruolo fondamentale, non soltanto in Palestina ma in tutto il mondo. Sono una parte rilevante della nostra società e meritano rispetto per la loro tenacia, la forza e l’impegno che mettono nella resistenza. Un esempio di questa capacità di lottare è la campagna internazionale per la liberazione di Samer Issawi che è nata da una donna e ha avuto successo. Senza il sostegno di tutte le donne che hanno partecipato alla campagna, Samer non sarebbe stato liberato. Ci sono molte donne palestinesi che danno il loro contributo alla nostra causa scrivendo libri, facendo vita politica attiva, facendo conoscere al mondo la nostra condizione. Senza di loro oggi non sarei così ottimista sul futuro”.
Qual è la differenza tra la tua generazione e quella di tua madre o di tua nonna?
“Oggi è molto diverso dal passato. La mia generazione usa strumenti tecnologici per contribuire alla resistenza che prima non c’erano e poi c’è l’esempio dell’istruzione. Il sistema d’istruzione è molto cambiato e penso che migliorerà ancora, questo ci dà molta speranza per il futuro”.
A proposito di futuro, quali sono i tuoi progetti, tornerai a Gaza?
“Studio Diritto e Relazioni internazionali, una materia di cui siamo carenti a Gaza. Voglio tornare a Gaza e lavorare per creare consapevolezza nei palestinesi rispetto al diritto internazionale e alla Convenzione di Ginevra, per esempio, in mondo da avere gli strumenti adatti per dialogare con la comunità internazionale e sostenere la nostra causa. La conoscenza del diritto internazionale è un altro tipo di resistenza di cui siamo carenti in Palestina”.
Adesso vivi e studi in Gran Bretagna. Ti senti diversa dalle donne europee?
“Penso che le donne di tutto il mondo debbano affrontare molte difficoltà legate alla cultura, al dominio maschile, alle tradizioni sociali. In Palestina e in Europa abbiamo problemi simili, ma sono molto fiduciosa per il futuro”. Nena News
- See more at: http://nena-news.it/malaka-la-restistenza-e-donna-video/#sthash.6ZkdPZOJ.dpuf

venerdì 7 marzo 2014

07.03.14 Padova #Iodecido





IoDecido” 8 marzo 2014
ProlifeFreeZone
In prossimità della data dell’ #8marzo, abbiamo lanciato, in varie città del nord-est, una serie di iniziative a partire dall’1 marzo.
La campagna si propone di liberare o contestare quegli spazi che dovrebbero essere attribuiti a scopi di servizio pubblico e laico per garantire sanità e libertà di scelta a ciascun soggetto che vi si rivolge, anziché essere gestiti o invasi da associazioni fondamentaliste, quali “No194”, “Prolife”, “No-Choice”, “Movimento per la vita”, ecc.
Sabato 1 marzo, a Vicenza si è tenuto un presidio davanti all’Ospedale San Bortolo, in concomitanza della preghiera pubblica dell’associazione “No194” che ogni mese si ritrova per propagandare il proprio messaggio contro il diritto di abortire e di autodeterminazione delle donne.
Lunedì 3 marzo, all’ingresso dell’ospedale di Treviso con determinazione è stata contrastata la preghiera organizzata dal “Movimento Mariano” che ogni settimana si riunisce intriso di quella retorica fondamentalista e reazionaria che vorrebbe tornare a tempi oscuri, in cui l’aborto era clandestino e portava troppo spesso alla morte le donne che vi si sottoponevano.
Oggi 7 marzo, a Padova stiamo manifestando davanti alla sede del Consultorio Familiare cattolico per ribadire che è inammissibile la presenza delle associazioni antiabortiste all’interno di consultori ed ospedali. Prendendo amaramente atto che questo fenomeno è in via di diffusione in tutta la regione, dichiariamo:
Voi occupate i nostri consultori, noi occupiamo i vostri!
 In Europa assistiamo ad uno scenario politico che ha ristretto la libertà e i diritti di uomini, donne e di qualunque soggetto non rientri nell’eteronormatività. Il caso più eclatante è la bocciatura da parte del Parlamento Europeo delle Risoluzione Estrela (complici sei deputati del PD), che richiedeva, tra l’altro, l’accesso sicuro, libero e gratuito all’IVG.
Inoltre, nei mesi scorsi, il Governo spagnolo ha approvato una proposta di legge che riduce la possibilità di abortire solo ai casi di violenza sessuale o di grave rischio di salute.
In Italia, la situazione è altrettanto grave a causa dei tagli sempre più indiscriminati alla sanità e per lo svuotamento della legge 194, esautorata di ogni valore per l’altissimo numero di obiettori (in media ben oltre il 70%).
Così come a Roma è stata occupata la sede dell’Ordine dei Medici, anche noi chiediamo a tutto il personale medico operante nel servizio pubblico di prendere posizione per quanto riguarda la piena applicazione della legge 194.
Per concludere, i prolife sono contro le donne, i gay, le lesbiche, i trans, sono contro tutto ciò che appare diverso e pericoloso, sono contro l’autodeterminazione di ogni soggetto e la libertà dei corpi di tutte e tutti. E’ necessario opporsi con forza alla violenza dei prolife e dello Stato che strumentalizza spesso e volentieri le scelte, i corpi, i sentimenti e le relazioni delle persone.
Q-Generation – Centri Sociali del Nord-Est